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Clima, Greenpeace con “Mare Caldo” lancia allarme: mare italiano sempre più caldo e aumento specie aliene

Clima, Greenpeace con "Mare Caldo" lancia allarme: mare italiano sempre più caldo e aumento specie aliene
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L’aumento delle temperature del mare dovuta al riscaldamento globale sta mettendo a rischio la biodiversità, favorendo l’espansione di specie aliene. Greenpeace con il progetto “Mare caldo”, amplia la rete di monitoraggio degli impatti dei climatici sui mari italiani

Il mare in Italia sta rapidamente diventando sempre più caldo. Con l’arrivo imminente dell’estate potrebbe sembrare una buona notizia ma la realtà è ben differente. Non si tratta di una notizia positiva ma al contrario di un segnale che lancia Greenpeace di un pericolo imminente.

Il riscaldamento globale sta causando un rapido aumento delle temperature del mare con serie conseguenze anche sugli ecosistemi marini italiani, provocando la morte di alcune specie chiave e l’invasione di altre che meglio si adattano a un mare sempre più caldo, con una grave perdita di biodiversità.

È Ventotene l’isola scelta da Greepeace, per rendere noti i risultati del primo anno di studi, l’ultima delle Aree marine protette ad aver aderito al progetto “Mare Caldo”, una rete di ben otto Aree Marine Protette (AMP) che hanno deciso di unirsi per monitorare, insieme a Greenpeace, gli impatti dei cambiamenti climatici sui mari italiani.

Gli studi realizzati dai ricercatori del DiSTAV (Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita) dell’Università di Genova, effettuati durante il primo anno si sono concentrati sull’Isola d’Elba, in Toscana, sull’AMP di Portofino in Liguria e sull’AMP del Plemmirio, in Sicilia.

Dalle osservazioni satellitari si evince che negli ultimi quarant’anni si è verificato un aumento costante e significativo delle temperature superficiali del mare, con un incremento di ben 1,7-1,8°C a Portofino e all’Isola d’Elba.

Il progetto “Mare Caldo” in queste due aree, tramite sensori posti in mare fino a quaranta metri di profondità, ha rilevato come il calore superficiale si traferisca lungo tutta la colonna d’acqua: l’estate scorsa, in giugno e in agosto, due ondate di calore hanno causato un aumento repentino delle temperature, arrivate a 20°C perfino a 20-25 metri di profondità.

Il riscaldamento del mare non avviene quindi senza conseguenze. Sono stati osservati chiari fenomeni di mortalità su colonie animali e organismi vegetali, in tutte le aree di studio, riconducibili all’effetto dell’aumento delle temperature. Una delle specie tra le più sensibili sono le gorgonie: all’isola d’Elba tra il 20 e il 30 per cento delle colonie monitorate di gorgonie bianche (Eunicella singularis) e gialle (Eunicella cavolini) presentava segni di necrosi, con una loro significativa diminuzione nei primi 20 metri di profondità in tutte le aree oggetto di studio.

Ma le conseguenze non finiscono qui, anche la biodiversita locale è a rischio a causa dell’aumento della temperatura, favorendo l’espansione di specie aliene, come l’alga Caulerpa cylindracea, a scapito delle specie native, e l’insediamento di specie termofile un tempo confinate a latitudini inferiori.

All’Elba le specie termofile rappresentano ormai il 13 per cento delle specie della comunità di scogliera e al Plemmirio il 19 per cento, con specie come il pesce pappagallo(Sparisoma cretense)o il vermocane (Hermodice carunculata) in continuo aumento.

“I dati raccolti evidenziano come da sud a nord siano in atto dei cambiamenti, spesso irreversibili, legati al riscaldamento del mare, anche in profondità, che stanno fortemente modificando la biodiversità dei nostri mari. Ci auguriamo che gli studi in corso attraverso il monitoraggio delle temperature e degli impatti sugli organismi bentonici in varie aree dei nostri mari servano a sviluppare le conoscenze necessarie per fronteggiare le attuali sfide ambientali” dichiara Monica Montefalcone, responsabile del progetto “Mare Caldo” per il DiSTAV dell’Università di Genova.

Progetto “Mare caldo” la storia

Il progetto “Mare caldo” è iniziato a fine 2019 con una stazione pilota installata da Greenpeace nel mare dell’Isola d’Elba, e ha visto l’adesione di quattro AMP già durante il primo anno di ricerca: Portofino, in Liguria; Plemmirio, in Sicilia; Capo Carbonara e Tavolara-Punta Coda Cavallo in Sardegna. Negli ultimi mesi si sono aggiunte l’AMP di Torre Guaceto, in Puglia; Miramare in Friuli-Venezia-Giulia; Isola dell’Asinara in Sardegna e Isole di Ventotene e Santo Stefano, nel Lazio. Oggi sono dunque nove le aree di studio comprese nella rete di monitoraggio, di cui otto sono aree marine protette.

“Abbiamo aderito con grande convinzione a questo progetto perché i segnali che qualcosa sta cambiando sono sotto i nostri occhi. Le AMP hanno un ruolo chiave nella tutela e nel monitoraggio degli ecosistemi marini, ma abbiamo bisogno di lavorare in rete per comprendere quali siano i processi in atto e sviluppare le adeguate misure di gestione e tutela” dichiara Antonio Romano, direttore dell’AMP Isole di Ventotene e Santo Stefano.

Proteggere gli ecosistemi marini

Inoltre, dai monitoraggi è emerso come aree virtualmente prive di pressioni antropiche locali, come l’Isola di Pianosa, mostrino ambienti costieri molto più eterogenei e minori impatti dell’aumento delle temperature. Mettendo quindi in evidenza che gli ecosistemi marini protetti possono fronteggiare meglio i cambiamenti in atto.

“L’ecosistema marino, già sotto pressione, è messo ancora più a rischio dalla crisi climatica. Se da un lato sono urgenti azioni coordinate e globali per tagliare le emissioni di gas serra, dall’altro sono fondamentali investimenti per rafforzare e ampliare la rete di aree marine protette: solo tutelando le aree più sensibili potremo permettere ai nostri mari di adattarsi a un cambiamento che è già in atto” conclude Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeace.

NOTA:

Greenpeace ha sviluppato il progetto “Mare Caldo” in collaborazione con il DiSTAV (Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita) dell’Università di Genova, come partner scientifico, ed Elbatech, come partner tecnico. Le stazioni di monitoraggio del Progetto sono registrate sulla piattaforma T-Mednet, attiva a livello Mediterraneo, in modo da contribuire al confronto dei dati a livello di bacino.

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Foto: GreenPeace

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