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Trieste, la Strada Napoleonica

Foto di Gerhard Bögner da Pixabay

Trieste è giù, qui si sale sulla collina attraverso le curve di una strada affrontata ondeggiando dal bus (il 2 o il 4 dalla centrale piazza Oberdan), da quando il vecchio tram a cremagliera, che veniva su a Opicina con certi tratti di strepitosa pendenza anche del 26%, è fermo in basso, in attesa di finanziamenti in grado di rimetterlo in moto. Si scende alla fermata vicino all’Obelisco, il monumento del 1830 che il Corpo Mercantile di Trieste costruì in onore dell’imperatore Francesco Giuseppe quando era ancora l’Impero austroungarico a farla da padrone.

È da questo punto che prende il via la Strada Napoleonica, anche se il suo nome esatto è Strada Vicentina dal nome di Giacomo Vicentini, ovvero l’ingegnere che nel 1821 la progettò e la fece costruire (c’è anche un’indicazione in tal senso incisa sulla roccia). Però a tutti piace pensare che sarebbero state le truppe napoleoniche ad aprire il percorso, il 23 marzo 1797, anche se l’itinerario era battuto fin dai tempi più antichi.

Trieste, tra cielo, bosco, mare

La Strada Napoleonica da Opicina porta a Prosecco, circa 4  chilometri con un dislivello da 340 a circa 250 metri: abbastanza pianeggiante, lo possono fare tutti, anche perché il suolo è ghiaioso e compatto, in parte asfaltato, verso la fine.

Qui si corre, si va in bicicletta, si passeggia, senza fretta. Del resto, è una passeggiata che non lascia indifferenti. A sinistra, il golfo di Trieste che accarezza il mare, a destra, il bosco che si è fatto strada tra le rocce aspre del Carso. Calcari grigi, che si sono formati 57-40 milioni di anni fa in acque calde tropicali. Ora sbirciano contorti e con forme bizzarre tra una vegetazione mista, nata da un rimboschimento voluto alla metà del 1800, quando si pensò di piantare un sacco di pini neri, ritenendo che fossero adatti al luogo e che invece adesso sono quasi tutti estinti, anche se qualche esemplare, assieme ai cugini stretti pini d’Aleppo, resiste, spennacchiato e imponente.

Con il tempo, la flora si è arricchita di roverelle, cerri, tigli, carpini neri, lecci, aceri, ornielli. Con l’autunno il verde si ammorbidisce con i colori caldi delle foglie che se ne vanno via, tra arbusti generosi di bacche e cirripedi di rose selvatiche. Tra i tanti, spiccano i frutti del Paliurus spina-christi, la marruca, piccoli ombrellini ruggine con ali ondulate, sembrano quasi mini dischi volanti che non se ne vogliono andare da questo panorama incantato.

Trieste, un percorso incantato da affrontare senza fretta

D’accordo, qui la gente ci viene a correre, ma come si fa a non fermarsi ogni minuto, godendo dello spettacolo sotto ai nostri occhi, quel mare che sembra non finire mai, unito all’immensità del cielo, oppure scoprendo nel bosco protagonisti verdi che ispirano alla meraviglia? Insomma, l’avete capito: a noi di Green Planet News piace la lentezza, assaporare ogni secondo di certe bellezze.

Sulla Strada Napoleonica ci siamo capitati all’indomani di una pioggia intensa: al minimo vento le gocce d’acqua ancora appese ai rami qua e là bagnavano il nostro percorso, rendendo però le tonalità di bosco-mare-cielo ancora più intense, nitide. L’odore di terra bagnata mescolato a uno strano aroma di vaniglia, ci ha accompagnato verso Prosecco, esattamente in zona Borgo San Nazario.

Trieste: al cospetto della falesia

A un certo punto la Strada Napoleonica cambia il suo aspetto.

A destra la vista si allarga, poco bosco, una volta ci si coltivavano frutta e vino. E come una perla appare il candore del Castello di Miramare, vedetta sul mare, reggia per poco di Massimiliano d’Asburgo che andò a morire in terra messicana (ma questa è un’altra storia). Anche a sinistra succede qualcosa. Al bosco misto si sostituisce un tutto roccia, assolutamente verticale, che incombe sulla strada ora asfaltata. Ma qualche albero si è preso la rivincita. In un punto della falesia che gli appassionati di free-climbing apprezzano moltissimo per le loro arrampicate, un tiglio ha deciso di crescere e proliferare, bello, verde, allargandosi con tutta la forza dei suoi rami e delle sue foglie. Di free-climbers però nessuna traccia, la nottata di pioggia non ne ha ispirato l’arrivo. Così la roccia si mostra in tutta la sua ruvida, aspra, solitaria malìa.

Dal sentiero al Santuario della Grisa

A parte la passeggiata corroborante, ci sono diversi sentieri attraverso il bosco, come quello dedicato all’alpinista triestino Nicolò Cobolli. Ci si può infatti arrampicare verso il Santuario del Monte Grisa, posto a 330 metri. Un altro luogo spettacolare che affascina non solo per un’altra declinazione di “terrazzo” con vista sul golfo triestino ma pure per l’architettura dell’edificio sacro che domina la città tra la roccia e il verde dei pini. Si tratta di due chiese sovrapposte inserite in una struttura “a graticolo” che ricorda molto una piramide, tutta in cemento armato, progettata negli anni ’50 del secolo scorso dall’ingegnere Antonio Guacci. Il tempio, consacrato nel 1966, è dedicato a Maria Madre e Regina. Da qui lo sguardo si spalanca tra Aquileia, Miramare, Pirano. Davvero a un passo dal cielo.

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