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Greenwashing, prima ordinanza di un Tribunale Italiano sul tema

Greenwashing, prima ordinanza di un Tribunale Italiano sul tema
Greenwashing, prima ordinanza di un Tribunale Italiano sul tema

Ad emetterla il Tribunale di Gorizia a seguito di un ricorso d’urgenza presentato da Alcantara nei confronti di Miko, società friulana che commercializza il materiale “Dinamica”, utilizzato anche su alcuni modelli di auto

Il mercato non perdona, soprattutto se si fanno operazioni che vengono ritenute di facciate e non veritiere, cosiddette di Greenwashing. Come nel caso del ricorso di Alcantara nei confronti di Miko.

Su questo caso e relativa ordinanza emessa dal Tribunale di Gorizia, si è parlato oggi in una conferenza stampa organizzata da Save the Planet, associazione no profit che nasce con lo scopo di promuovere progetti, azioni e soluzioni concrete per aiutare il pianeta e tutelare l’ambiente. Alla conferenza stampa hanno preso parte Elena Stoppioni, presidente di Save The Planet, l’avv. Gianluca De Cristofaro, socio di LCA Studio Legale, che ha assistito Alcantara nel procedimento cautelare e Antonello Ciotti, presidente CPME (Associazione Europea dei produttori di Poliestere)

Ricordando “l’impegno di Save the Planet per una transizione ecologica reale e non di facciata” la presidente Elena Stoppioni spiega che proprio per questo “l’iniziativa realizzata con Alcantara può diventare una prima, fondamentale case history che in tema di greenwashing può essere caso di giurisprudenza”.

Greenwashing, il caso e l’ordinanza emessa

Il Tribunale di Gorizia ha, innanzitutto, rilevato che “la sensibilità verso i problemi ambientali è oggi molto elevata e le virtù ecologiche decantate da un’impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto”.

Ha inoltre aggiunto che le “dichiarazioni ambientali verdi devono essere chiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile”.

Sulla base di tali principi, oltre che al potenziale pericolo per la ricorrente Alcantara, il Tribunale ha ordinato a Miko la cessazione della diffusione dei seguenti claim: “La prima microfibra sostenibile e riciclabile”, “100% riciclabile”, “Riduzione del consumo di energia e delle emissioni di CO2 dell’80%”, “Amica dell’ambiente”, “Scelta naturale” e “Microfibra ecologica” e di “informazioni non verificabili ed ingannevoli sul contenuto di materiale riciclato del prodotto”. Il Tribunale ha, inoltre, ordinato la pubblicazione della decisione sul sito di Miko e l’invio dell’ordinanza ad alcuni clienti della stessa.

Con riferimento ai claim “microfibra ecologica”, “amica dell’ambiente” e “scelta naturale” il Tribunale di Gorizia ha affermato che “i messaggi pubblicitari denunciati da parte ricorrente sono sicuramente molto generici e sicuramente creano nel consumatore un’immagine green dell’azienda senza peraltro dar conto effettivamente di quali siano le politiche aziendali che consentono un maggior rispetto dell’ambiente e riducano fattivamente l’impatto che la produzione e commercializzazione di un materiale di derivazione petrolifera possano determinare in senso positivo sull’ambiente e sul suo rispetto”.

Inoltre,“alcuni concetti riportati trovano smentita nella stessa composizione e derivazione del materiale” considerando peraltro “che risulta difficile supporre che possa essere considerata una fibra naturale”.

Save the planet denuncia: non è tutto green quel che appare

Save the Planet ha, inoltre, sottolineato come non sia tutto green quello che viene presentato come tale e i danni, in termini di concorrenza, possono essere elevati.

Secondo un recente studio condotto da McKinsey, sono circa il 70% i consumatori che nelle loro scelte di acquisto sono pronti a optare per prodotti eco-friendly rispetto a quelli tradizionali, anche pagando prezzi più elevati.

È evidente quindi come eventuali dichiarazioni non veritiere sul fronte green non solo danneggiano la competitività delle aziende più rigorose, ma sono in grado di influenzare i comportamenti dei consumatori, ingannandoli. E il danno può essere anche di carattere strettamente finanziario poiché le obbligazioni ‘green’ – nelle stime di S&P – a fine 2021 potrebbero superare i 1000 miliardi di dollari.

Serve chiarezza

È una massa enorme di risorse a cui le aziende possono attingere. È necessario, tuttavia, che il processo decisionale sia liberato da ogni ingannevole comunicazione di greenwashing. Secondo un sondaggio di Quilter, questa è la principale preoccupazione per quasi metà degli investitori (44%).

Di qui la necessità di chiarezza e l’ordinanza del Tribunale di Gorizia può rappresentare un vero punto di svolta. Come sottolinea l’avv. Gianluca De Cristofaro, socio di LCA Studio Legale, che ha assistito Alcantara nel procedimento cautelare, “dopo le decisioni dell’Antitrust e del Giurì di Autodisciplina Pubblicitaria, anche la magistratura ordinaria ha affermato che la sensibilità dei consumatori verso i problemi ambientali è oggi molto elevata e le virtù ecologiche decantate da una impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto del consumatore”. Pertanto – continua il legale – è importante, come affermato dalla decisione, che “le dichiarazioni ambientali ‘verdi’ devono essere chiare, veritiere e accurate, e basate su dati scientifici”.

Anche per Antonello Ciotti, presidente CPME (Associazione Europea dei produttori di Poliestere) questa ordinanza “che inibisce la comunicazione e la diffusione di qualsiasi informazione non verificabile sul contenuto della percentuale di riciclo è una pietra miliare verso una giusta eliminazione di tutti i comportamenti scorretti che possono tradire la fiducia dei consumatori oltre che ingenerare concorrenza sleale”.

Le problematiche aperte del “materiale riciclato”

Ciotti, inoltre, punta l’accento sulle problematiche aperte dal concetto di ‘materiale riciclato’, tanto più che – per toccare un prodotto di larghissimo consumo – la direttiva europea sulla plastica “richiede entro il 2025 che in ogni Paese membro dell’EU, ogni bottiglia contenga almeno il 25% di PET riciclato”. Di qui, sottolinea, davanti al rischio di “dichiarazioni che possono alterare la leale concorrenza oltre che ingannare il consumatore, c’è la necessità di ricorrere a best practices riconosciute a livello internazionale per definire esattamente il contenuto di riciclato, specialmente in questa fase in cui il costo del materiale riciclato è di gran lunga superiore a quello vergine”.

Come Save the Planet”, ricorda Elena Stoppioni, “abbiamo costituito una commissione di appositi esperti che avranno il compito di vagliare e monitorare possibili azioni di greenwashing e, quindi, di comunicazioni scorrette verso i consumatori in termini di sostenibilità. Abbiamo attivato una community sul nostro sito per segnalare potenziali pratiche di questo tipo, anche in forma anonima. Sarà poi cura della nostra commissione valutare se ci saranno gli estremi per un procedimento, previa richiesta di eventuali integrazioni al segnalato”. “Abbiamo bisogno di distinguere ciò che è green da ciò che è greenwashing per alzare il livello dell’azione ed evitare che il tema della sostenibilità sia solo una vetrina per la comunicazione e di good reputation delle aziende” conclude la Stoppioni.

La decisione resa dal Tribunale di Gorizia il 26 novembre 2021 è una ordinanza resa all’esito di un procedimento cautelare/d’urgenza. Entrambe le parti potranno proporre reclamo avverso la decisione entro l’11 dicembre 2021 e/o avviare un eventuale giudizio ordinario; tali procedimenti potranno confermare l’ordinanza o disporre diversamente circa le condotte di Miko.

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