Intervista al professor Antonello Menne, autore del volume Da Roma a Gerusalemme, Diario di un cammino per parlare di vita, pandemia e di altri progetti “in cammino”
Il nostro è un mestiere fatto di incontri. Spesso troppe volte oggi il giornalismo diventa “strepito in smart working”. Ma quando ci si mette all’ascolto di “qualcosa di più alto”, certi incontri si fanno scambi profondi perché ci si scopre, quasi per magia, camminatori sullo stessa traccia.
Come accaduto nel caso del mio approdo all’esperienza culturale, esistenziale e di amicizia con l’autore di un libro che ti scava dentro. L’autore si chiama Antonello Menne e il volume, di cui vi abbiamo già raccontato su Green Planet News, Da Roma a Gerusalemme, Diario di un cammino (Primiceri editore, PE Narrativa, 2021, 214 pagine, Euro 15). Antonello Menne, solide radici sarde, amo definirlo un “cercatore di luce”. Non è “solo” un avvocato di fama e docente di Diritto privato e internazionale.
Antonello Menne è anche e soprattutto un uomo alla ricerca costante di qualcosa che possa “farsi parola e storia”, un camminatore in continuo divenire perché aspira sempre a tenersi in compagnia di un “sole amico”.
Venerdì prossimo, a Milano, alle ore 18, presso il Nuovo spazio del Teatro Ariberto di via Daniele Crespi 9, parlerà del libro, come accaduto in questi mesi, suscitando domande e riflessioni. Scrive Antonello Menne nell’introduzione al volume: “Ho pensato spesso al perché di questa mia sete di Cammino. Ho pensato alla vita di Gesù, ai suoi insegnamenti, alle sfide che ha affrontato e ho fatto mia ogni parola, ogni momento. Era qui che volevo arrivare, a Gerusalemme, e sapevo che non sarei mai stato solo.
Era qui che sapevo ci sarebbe stata una parte importante della risposta a quel perché. A Gerusalemme si vive un’esperienza che non ha eguali, viene alimentata la sete di conoscenza, si va in profondità. È la meta finale di un Cammino, del mio Cammino, ma è soprattutto il luogo da cui ripartire. Vivere e respirare l’aria di Gerusalemme significa rinascere, nascere una seconda volta. E io mi sento rinato”.
Ho voluto “incontrare” ancora Antonello Menne in questa intervista per capire a che punto è giunto il suo cammino e soprattutto quello che dovrebbe rappresentare l’aspirazione segreta di ciascuno di noi, la forza e la capacità di rinascere ogni volta con un cuore redento e ricolmo di luce.
Antonello, partiamo dal volume. Come sta andando?
Il libro sta andando molto bene. È stata una scommessa con l’Editore Primiceri, che ringrazio; entrambi ci siamo affidati reciprocamente, abbiamo creduto nel progetto semplicemente scambiandoci sensazioni e aspirazioni. Ne hanno parlato molto bene i media, a partire da RAI1 e TG2, poi tante recensioni, una delle più belle ed emozionanti, anche perchè uscita dopo un solo giorno dalla pubblicazione, rimane quella di Green Planet News cui molti altri hanno fatto riferimento.
La cosa che più mi ha colpito, quasi un unico filo conduttore, è la forte carica emotiva che traspare in tutti gli articoli che ho letto, mi è sembrato di cogliere una forte partecipazione al cammino anche da parte dei giornalisti e dei testimoni che, dopo avere letto il libro, hanno voluto lasciare traccia del loro pensiero. In realtà il Cammino, soprattutto questo verso Gerusalemme, ha la forza di scuotere le coscienze e di formare quasi un’unica carovana che, felice, si sposta di tappa in tappa, ciascuno portando un pezzo del proprio vissuto e dei propri ideali.
Quali aspetti sono emersi in questo periodo di pubblicazione, quale partecipazione e cosa ti ha più incuriosito durante dibattiti e presentazioni?
La pubblicazione, le recensioni e le presentazioni si stanno sviluppando tutte dentro questa stagione di transizione, di passaggio: la pandemia ha segnato e sta segnando la nostra vita, ci ha schiacciato dentro una condizione di precarietà e di attesa.
Avverto, al di là dell’apparente ritorno alla “normalità”, la sete di risposte certe, a partire da quella più importante: sconfiggeremo il covid? Ritorneremo alla vita normale?
Nessuno può dire quando questo avverrà. Io penso che l’esperienza del cammino sia una viva testimonianza per far fronte a questa tormentata transizione; nel cammino fai il carico di coraggio perchè abbandoni una condizione di “stabilità” e affini la capacità di affrontare la crisi, gli imprevisti, il deserto. Queste cose le racconto nel corso delle presentazioni e avverto una gran voglia di interiorizzare il messaggio.
Nel corso di quale evento è stata più ampia la risposta e perché secondo te
Tutti gli eventi sono stati molto partecipati e carichi di emozioni, ripenso, in particolare, alla presentazione nei giardini della Biblioteca “Sebastiano Satta” di Nuoro, mi ha molto segnato, forse perchè è stato il primo, ha fatto da apripista, dopo la lunga stagione del lockdown.
Una sorta di ripartenza, un farci coraggio reciprocamente, un sentirci uniti. Per me questi eventi sono un momento di riflessione ma sono anche la misura per fare il punto sul cammino della vita reale, per parlare a voce alta delle paure e delle tensioni, ma anche dei tanti propositi di vita e dei progetti che ogni giorno colorano il nostro sguardo verso il futuro.
Quale cammino hai fatto questa estate?
Fino all’ultimo sono stato indeciso per via della pandemia e di alcune scadenze legate al lavoro, anche se il cammino “bussava” insistentemente. Così a fine luglio ho preso la decisione e quindi caricato lo zaino in spalla: il primo agosto ho preso l’aereo da Bergamo alla volta di Siviglia da dove sono partito per percorrere tutta la Via de la Plata.
Ho attraversato l’Andalusia e poi l’Extremadura, fino alla Castiglia y Leon, 23 giorni sotto il sole battente. Il 23, mio figlio Luca mi ha raggiunto ad Astorga da dove abbiamo proseguito fino a Santiago.
Via de la Plata è un cammino molto impegnativo per via delle temperature altissime e per il fatto che non si incontrano punti di descanso lungo le tappe. Non ci sono pellegrini ma solo alcuni ciclisti. Il 31 sono arrivato alla meta, carico di sole, silenzio e energia per ripartire nella vita ordinaria. Mi manca moltissimo La Plata, un cammino che ti scava dentro.
Quale cammino soprattutto stai preparando?
In questo periodo sto lavorando al “Cammino di Bonaria” in Sardegna. Abbiamo costituito un’associazione, firmato la “Carta di Lula” con l’obiettivo di proporre un percorso da Olbia fino a Cagliari, attraversando tutta la Sardegna fino alla Basilica di Bonaria, la protettrice massima dell’Isola.
L’idea è quella di coinvolgere i territori attraversati e anche di collegare questo cammino con quelli storici, da Santiago alla Via Francigena. C’è molto entusiasmo, sono molto fiducioso, sarà un’esperienza di rinascita per tutti.
Hai qualche novità editoriale a cui stai lavorando? Raccontaci qualche sogno o progetto che vorresti realizzare
In primavera (ti regalo quest’anticipazione in esclusiva) uscirà il mio nuovo libro. Racconto la grande esperienza dell’agosto 2020, quando partii da Milano per raggiungere Cagliari, dopo avere attraversato la pianura Padana, gli Appennini, quindi, dopo essere sbarcato a Bastia, la Corsica e infine, da Olbia, tutta la Sardegna fino a Cagliari.
Da quest’esperienza è nato il progetto di Bonaria di cui parlavo prima. È stato un Cammino di Ritorno, alla mia terra e alle mie solide radici. Racconto in questo libro le tappe di questo cammino e i tanti aneddoti e i ricordi sul filo di una rinnovata e vitale memoria.
Sono tempi complessi. Il tuo libro fa riflettere. Come è possibile mantenersi saldi, avere fede e fiducia quando leggiamo di tante ingiustizie e miserie?
Io credo che più che mai ciascuno deve fare la sua parte, non si può solo protestare o rivendicare chiedendo e reclamando soldi, diritti, a volte privilegi. Penso che sia anche la stagione per dare un forte contributo personale, infilandosi gli scarponi, come quando si va a dare una mano dopo un terremoto.
Vedo in giro troppe manifestazioni che lasciano trasparire egoismo e arroganza. Più che mai questo è il tempo dell’ascolto e della solidarietà.
Come credi che usciremo dal Covid?
Continuo a sperare che ne usciremo provati e segnati dentro. Non ho molte aspettative dagli adulti, a volte si reagisce buttando in mare il proprio compagno di sventura. Ho però molte aspettative dai bambini e dai ragazzi, loro stanno registrando ogni istante di questo grave momento, penso che ne usciranno rafforzati e con una visione più allargata.
Dal Covid e dall’emergenza ambientale ne usciremo solo con una grande visione e cooperazione planetaria. Non è più il tempo dei nazionalismi o degli steccati campanilistici.
Parafrasando Heidegger, ormai solo un Dio ci può salvare?
La fede ci dà la forza oltre ogni evidenza, poi molto dipende da noi, dalla nostra capacità di utilizzare al meglio la nostra libertà