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ARCA, agricoltura R Generation

Foto di klimkin da Pixabay

ARCA, agricoltura sostenibile, economia circolare e tradizione per rigenerare il suolo e far rinascere i territori

Il progetto ARCA (Agricoltura per la Rigenerazione Controllata dell’Ambiente) è nato nel 1988 a Serra San Quirico (Ancona) per opera dall’imprenditore Bruno Garbini. Ora riparte con altri due soci, Enrico Loccioni e Giovanni Fileni.

Al centro del progetto un’abbazia benedettina dell’XI secolo, Sant’Urbano ad Apiro in provincia di Macerata, nella Valle di San Clemente, che diventa una piattaforma di innovazione per sperimentare pratiche efficaci per rigenerare il suolo e fare agricoltura 4.0, partendo dall’economia circolare.

Tra queste buone pratiche promosse da ARCA per la rigenerazione del suolo, quelle di antica tradizione della coltura benedettina e mezzadrile che venivano praticate nelle Marche come rotazioni colturali, consociazioni e sovesci, solchi acquai trasversali per ridurre l’erosione del terreno, concimazioni organiche, preparati biodinamici e fasce tampone lungo i corsi d’acqua.

Mettere in comunicazione i due estremi della filiera agroalimentare, agricoltori e consumatori, è l’obiettivo di ARCA, che intende operare una rivoluzione culturale per il benessere del pianeta e della persona. Non a caso la forma giuridica scelta per ARCA è quella “benefit”, una società che non solo divide gli utili ma che opera con una o più finalità di beneficio comune, in maniera sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente.

ARCA intende aiutare anche i consumatori a fare scelte più etiche, salutari e rispettose dell’ambiente portando sul mercato una nuova consapevolezza: la possibilità di coltivare e scegliere prodotti che fanno bene alla salute e che rigenerano i suoli, preservando la sostanza organica per il futuro. Da consumatori, a rigeneratori: è la R Generation, la rivoluzione che trasforma l’approccio al prodotto.

Un laboratorio per l’agricoltura del futuro dunque, per sperimentare concretamente i principi dell’economia circolare, e dimostrare come sia possibile mettere in equilibrio uomo e natura, tradizione e innovazione. Ad oggi hanno aderito ad arca 13 produttori e trasformatori delle tre Valli dell’Esino, del Nevola e del Misa, che operano su una superficie di 1.980 ettari. Gli alimenti prodotti sono vino (48%), farine pane e cereali (44%), olio.

Ha detto Enrico Loccioni: “Ho avuto la fortuna di nascere in questa terra stupenda, da cui ho raccolto i valori della cultura monastica e mezzadrile che ho applicato in questi 50 anni d’impresa. Ora restituiamo questi valori alla terra, applicando tecnologie, innovazione, efficienza energetica e l’intelligenza delle reti. Dando al progetto ARCA l’oggettività della misura”.

ARCA, far rinascere il territorio

L’ispirazione, infatti, deriva da quanto avveniva nella tradizionale casa colonica marchigiana prima dell’industrializzazione dell’agricoltura. C’era un microcircolo di riutilizzo che aveva come scopo quello di preservare la fertilità del terreno per le generazioni future.

L’idea è quella di far rivivere questi luoghi proprio grazie al lavoro, partendo dai valori della terra, dalla tradizione agricola locale, dalla geologia, dalla specificità del suolo e del sottosuolo. L’agricoltura del futuro, la scienza dei dati, la robotica e i sistemi interconnessi, l’internet delle cose e il nuovo artigianato digitale, la sostenibilità e la qualità della vita, sono solo alcuni spunti per condividere una sola idea: far rinascere il territorio e realizzare una nuova idea di agricoltura sostenibile.

“L’acquisto e il consumo di prodotti dell’ARCA significa non solo creare ricchezza in un territorio, ma anche rigenerare l’ambiente naturale di quel territorio, contribuire ad un nuovo servizio sociale, sviluppare un futuro di conservazione e valorizzazione dell’ eco-sistema collinare”, ha ricordato Bruno Garbini.

Uno studio realizzato dal professor Aldo Bonomi e dal Consorzio AASTER, ha puntato a capire se il territorio è pronto per questo innovativo modello di sviluppo e il riscontro è stato positivo. Con la presentazione di questa indagine, il progetto ARCA, a 30 anni dalla sua nascita, entra in una nuova fase che conferma la “visionaria” impostazione originaria dell’idea.

Come ha aggiunto Aldo Bonomi: “Il progetto ARCA dimostra come appaia sempre più evidente che non c’è “cura” dei beni comuni, se questa cura non viene tradotta nel linguaggio della comunità, diventando beni comuni affidati alla responsabilità delle comunità locali, dunque il connubio tra comunità e tecnologia non solo è auspicabile, ma rappresenta anche l’unica via possibile per un’innovazione duratura e inclusiva”.

Tradizione, innovazione e digitalizzazione si uniscono per dare vita ad una nuova idea di agricoltura in grado di diffondere pratiche di coltivazione di tipo bio-conservativo, rigenerare il suolo, curare il dissesto idrogeologico e realizzare filiere alimentari e zootecniche di qualità certificata.

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