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Cosa ci faccio con la plastica? Lo dice Corepla

Foto di mali maeder da Pexels

Corepla è il Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo ed il Recupero degli Imballaggi in Plastica e fa parte del “Sistema Conai” ovvero il Consorzio Nazionale Imballaggi

La plastica è fondamentale per la conservazione e il trasporto di tanti prodotti alimentari. Del resto, più del 50% di tutte le merci in Europa è imballato con tale materiale che nel corso del tempo è diventato sempre più leggero, tanto che il peso medio del packaging in plastica si è ridotto del 28% negli ultimi 10 anni. Il problema è il suo non riciclaggio poiché invece si tratta di un materiale prezioso da questo punto di vista.

La plastica da rifiuto a risorsa: la mission Corepla

Ed è qui che interviene anche il Consorzio, nel comunicare le tante possibili soluzioni di recupero della plastica che comunque rimane utile strumento per non sprecare i cibi. Ad esempio con quelli che vengono chiamati “imballaggi intelligenti”, ad atmosfera modificata, la carne viene protetta dal contatto con l’ossigeno, prolungandone così la durata di due settimane, soprattutto non interferendo con la qualità. Ma ciò vale anche per il pesce o la verdura. Questo tipo di packaging è dotato di dispositivi particolari, i Radio Frequency Identification, che danno informazioni sullo stato qualitativo dei cibi, migliorando prestazioni, riducendo gli sprechi e, quindi, le emissioni. Fornendo pure indicazioni al consumatore per come rendere  più facile il riciclo e agevolandone la separazione fin da dentro casa.

Come si ricicla la plastica

Riciclare la plastica, in seguito a una corretta gestione differenziata del rifiuto, è un processo che comprende una serie di operazioni: macinazione, lavaggio, vari stadi di asportazione delle frazioni indesiderate, cui si aggiunge in molti casi il processo di granulazione.

Alla fine si producono dunque appunto granuli o scaglie, cioè nuova materia prima in cui si è trasformato il rifiuto, a seconda del polimero lavorato di partenza. Si parla esattamente di Materia Prima Secondaria (MPS) o End of Waste, pronta per essere immessa in un nuovo processo produttivo. Spesso questa MPS ha caratteristiche molto simili, ma mai identiche, al polimero vergine.

La tecnologia porta soprattutto a un riciclo aperto, cioè dal polimero/rifiuto riciclato si ottiene di solito un oggetto diverso da quello che era in origine. Tanto per capirci, con le MPS si realizzano  manufatti per l’edilizia (come tubi, interruttori, canaline), ma anche per l’arredamento (componenti per sedie e mobili), l’automotive (vari componenti stampati), l’agricoltura (tubi per irrigazione, vasi). Solo in alcuni casi possono ritornare ad essere quello che erano, imballaggi, formando flaconi per detersivi. E possono essere anche usate per l’SRA (Secondary Reducing Agent), una sorta di carbone artificiale adoperato nelle acciaierie come combustibile e agente riducente nelle reazioni di ossidazione dei minerali ferrosi.

Le MPS di PET (cioè polietilentereftalato, tipico delle bottiglie di bibite e vino) si usano nella produzione di fibre di tessuto/non tessuto e fiocco per  imbottiture e tappeti. La normativa europea ha disciplinato il PET riciclato (rPET) che può servire anche per imballaggi a contatto con alimenti, da solo o in strati con il PET vergine, ottenendo ancora bottiglie per l’acqua.

Dalla plastica un idrogeno verde. Il progetto Corepla/Eni

Tra le iniziative del Corepla, un recente accordo con l’Eni finalizzato ad avviare progetti di ricerca per produrre idrogeno e biocarburanti dai rifiuti di imballaggi in plastica non riciclabili, anche cioè di quelle frazioni che fino ad oggi non possono essere riusate. Nei prossimi 6 mesi un gruppo di studio studierà tutte le possibilità in proposito.

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