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Libreria Diari di bordo, viaggiare con le parole e resistere

Libreria “Diari di bordo”, viaggiare con le parole e resistere
Libreria “Diari di bordo”, viaggiare con le parole e resistere

Diari di bordo è la piccola libreria indipendente che si trova nel cuore di Parma, a Borgo Santa Brigida 9. Nasce da un sogno, quello di Antonello Saiz e Alice Pisu, due ex dipendenti di un’altra libreria di Parma che dopo il licenziamento da quest’ultima, hanno deciso di unire esperienze, forze e affinità letterarie per realizzare quel sogno.

Il sogno di portare alla città qualcosa che mancava, un’accurata selezione di libri dell’editoria indipendente di qualità, ma non solo. La loro libreria è infatti, un vero e proprio spazio culturale, punto di riferimento per la città, ma anche per altre librerie indipendenti d’Italia e lettori di ogni luogo. Antonello e Alice sono riusciti ad andare oltre il classico lavoro del libraio e sono stati capaci di creare una comunità di lettori, ma anche di appassionati di scrittura, in un ambiente accogliente e familiare.

Un ambiente piacevole, in cui stare bene insieme e potersi ritrovare. Cosa vuol dire fare il libraio nel 2020? E cosa vuol dire portare avanti una libreria indipendente oggigiorno? Anche ai tempi del coronavirus. Sicuramente reinventare e riportare alla luce un mestiere tanto antico quanto prezioso. Il tutto andando oltre i confini della stessa libreria, magari utilizzando nuovi metodi e nuovi linguaggi, come quello dei social.

Senza mai dimenticare la passione per il proprio lavoro, e cercando di offrire libri di qualità e belle storie ai propri clienti. Raggiungendo così un pubblico di lettori forti, ma anche quelli che ancora non lo sono. Noi comunque siamo andati a chiederlo ad Antonello di Diari di bordo che pare aver trovato con Alice, la ricetta giusta per resistere anche in questi tempi difficili.

Com’è nata la Libreria Diari di Bordo?

Io e Alice eravamo entrambi dipendenti di un’altra libreria da cui poi siamo stati improvvisamente licenziati. Eravamo già allora molto amici e avevamo anche delle affinità letterarie, libresche se vogliamo. Ma anche un’importante esperienza maturata negli anni. A quel punto ci siamo voluti mettere in gioco e abbiamo deciso di fare questo investimento per mettere su un’impresa culturale.

Quando abbiamo deciso di aprire, erano gli anni della grande crisi, la gente ci guardava con sospetto, sicuramente pensando che avremmo chiuso dopo due mesi. In realtà non è stato così. Abbiamo infatti aperto questa libreria con un’identità ben definita, con dei progetti ben precisi che già da tempo avevamo in testa e avevamo elaborato. Noi stessi venivamo dalla grande distribuzione e abbiamo invece scelto di puntare tutto sulla piccola editoria indipendente di qualità e sui luoghi come fattore comune dei libri.

La libreria si chiama Diari di Bordo e quindi parte con l’idea di fondo di essere una “libreria di viaggio”, in cui il viaggio non lo si intende solo nel senso fisico del termine. Ma un viaggio dai luoghi o nei luoghi, verso le sensazioni. L’idea è partita molto in sordina, anche perché né io né la mia socia siamo di Parma. La mia socia è sarda, io sono lucano, quindi non avevamo un collante con la città, un substrato a cui far riferimento.

All’inizio è stato come fare un salto nel vuoto. Il fatto di andare però a pescare in una letteratura di nicchia, in quella che era un’editoria di qualità e quindi di fornire al lettore delle belle storie, è stato il modo giusto e un buon inizio anche per intercettare dei lettori forti che erano in questa città e che sentivano questa mancanza. Aver poi lavorato prima in una libreria, ci aveva creato importanti contatti con l’editoria, con scrittori, giornalisti che si occupavano di editoria.

Da quel punto di vista siamo dunque partiti avvantaggiati. Averla posta in una realtà in cui mancava quel tipo di libreria, ha fatto sicuramente il resto. Sono stati altrettanto importanti gli eventi che abbiamo curato e realizzato. È sempre stata comunque latente quest’idea di essere quasi un’associazione culturale, o sicuramente di non essere un esercizio commerciale comune. Da lì poi la volontà di creare uno stretto legame coi lettori.

Siamo stati capaci di creare attorno ai libri una comunità di lettori con gruppi di lettura ad alta voce, ma anche corsi di scrittura fatti da insegnanti molto qualificati. Siamo diventati un vero e proprio punto di riferimento a livello culturale per la città. E siamo riusciti ad essere anche molto ‘social’ diventando così, punto di riferimento anche per altre librerie indipendenti. Un’altra cosa che abbiamo fatto, è stata quella di proporre delle nuove presentazioni dei libri, strutturandole in maniera diversa dal solito.

Una nuova modalità con lo scrittore che parla, con attori che leggono o anche attraverso noi librai che facciamo da presentatori, cosa che ha valicato, anche questa, i confini della libreria. A tal punto che piano piano siamo stati chiamati anche a far da conduttori in alcuni festival, come a quello della Letteratura di viaggio, in Sardegna, organizzato dalla casa editrice sarda Arkadia, oppure al festival L’anno che verrà di Pistoia.

Tutte cose che sono arrivate nel tempo e attraverso cui siamo usciti dal seminato classico di librai, di coloro che vendono libri. E sempre in quella nostra modalità un po’ pop, meno ingessata, che ci aiuta anche a intercettare il pubblico di non lettori.

Cosa vuol dire oggi, aprire una libreria indipendente e se vuoi, fare il libraio?

Purtroppo il lavoro del libraio è qualcosa che nel tempo è andata a svalutarsi. Proprio perché veniamo dalla grande distribuzione, io e Alice, sappiamo come funziona in certi contesti. L’obiettivo è vendere! Non hai alternativa. E a quel punto, da parte del libraio, c’è la perdita di interesse nei confronti della stessa lettura. Una cosa che noi abbiamo scelto sin dall’inizio, è stata quella di non avere un distributore. Siamo una delle poche librerie in Italia che non ne ha uno.

Abbiamo dei rapporti diretti con le diverse case editrici e all’interno dei loro cataloghi non prendiamo tutto. Un distributore, di solito, ogni mese ti manda un agente che viene a proporti dei titoli, con sconti o le ultime uscite, o comunque dei titoli che vanno al momento. Ecco, noi non ci interfacciamo con nessun agente, ma direttamente con la casa editrice.

Quello che abbiamo cercato di fare è stato proprio di dare un’alternativa alla città, ma anche di non pestare i piedi a nessuno. Cerchiamo di essere molto accurati nella scelta tematica, per quanto riguarda le aree geografiche, e anche nella narrativa. È un lavoro di grande cura e attenzione che paga però sia in termini di interesse che a livello affettivo da parte dei nostri stessi clienti.

Per quanto riguarda il difficile momento che stiamo vivendo, voi come lo state affrontando anche da libreria indipendente?

Noi abbiamo lavorato fino all’11 marzo e all’inizio non avevamo neanche intenzione di chiudere proprio perché pensiamo che una libreria sia un po’ come una farmacia, fondamentale. Però poi ci siamo dovuti fermare, anche perché la situazione è diventata davvero complicata. E proprio per questo abbiamo deciso di non fare più neanche spedizioni.

Al momento non ci sembra il caso di mettere a repentaglio le nostre vite o quelle degli altri, anche dei corrieri ad esempio, che dovrebbero viaggiare per motivazioni davvero valide. Aspettare due, tre settimane per il bene di tutti, per il bene del Paese, mi sembra più che giusto. Le priorità al momento sono sicuramente altre. Prima di tutto la salute. Ci auguriamo tuttavia che si ricomponga tutto al più presto.

Sarà complesso, soprattutto perché la nostra libreria è anche un punto di aggregazione, un punto in cui le persone si incontrano, si toccano, si abbracciano, in una dimensione molto familiare. Ricomporre il tutto dopo una tragedia che ha devastato il paese e ha allontanato l’idea dello stare insieme, non sarà affatto facile. Ma siamo comunque fiduciosi e abbiamo tante idee.

Domenica ad esempio, faremo comunque i nostri corsi di scrittura che avremmo dovuto fare in libreria. Li faremo online, abbiamo già attivato Skype e abbiamo già raccolto 17 iscritti. Insomma, le idee non mancano.

Che ruolo hanno dunque, in un periodo come questo, libri e cultura?

Stando in casa tutto il giorno, avere un libro è quasi di conforto. È sicuramente importante trovare il libro giusto da leggere. In un tempo così angoscioso, in cui i tempi sono dilatati e a stare in casa così tanto si rischia di andare in tilt, penso ad esempio, che leggere un libro distopico non faccia proprio bene al cuore. Sarebbe importante trovare, invece, un libro di intrattenimento, non dico leggero, ma che sia capace anche di alleggerirci.

Lo sto sperimentando io stesso; se non avessi i libri sarebbe davvero molto complicato. Le notizie sono tutt’altro che piacevoli e la lettura può essere davvero di conforto, può essere salvifica, dare speranza. La quotidianità è cambiata per tutti, ma non dobbiamo perdere la nostra passione per le storie. Le storie contenute nei libri sono molte volte sogni di carta. E i sogni di carta servono ad alimentare la nostra speranza per il domani.

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