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Photosophia, ambiente, diritti umani e passione per il lavoro

Photosophia, ambiente, diritti umani e passione per il lavoro
Photosophia, ambiente, diritti umani e passione per il lavoro

Photosophia, già il nome ispira parecchio. E poi, cosa altro è la fotografia se non un amore per la sapienza? Photosophia è il nome del magazine digitale a cui ha dato vita Silvio Mencarelli, già fotografo negli anni ’80, formatore e giornalista. Dal 2013 Silvio Mencarelli dirige il web magazine PHOTOSOPHIA

Attualmente coordina e insegna presso la Libera Accademia di Roma LAR come docente di fotografia riconosciuto Fiaf; dall’anno 2000 a oggi ha ideato e condotto centinaia di corsi di fotografia a vari livelli a Roma e in tutta Italia. Cura svariate mostre fotografiche.

Lo incontro nei locali delle Libera Accademia di Roma LAR dove insegna.

Photosophia, ambiente, diritti umani e passione per il lavoro
Silvio Mencarelli

Silvio, partiamo da Photosophia

Il primo numero di Photosophia®, che poi è anche un associazione fotografica, è nato come una scommessa. L’idea era quella di realizzare una rivista che si distinguesse dalle altre pubblicazioni di settore, mettendo insieme un dialogo tra fotografia e problematiche sociali e culturali per farle interagire. In questo modo nel tempo si è dato vita ad una rivista generalista, oserei dire abbastanza unica nel suo genere, che affronta i temi più svariati per raccontare la vita e le emozioni di ogni giorno. Un modo diverso insomma, da parte degli autori che propongono i loro progetti e le loro idee, di interpretare la realtà per costruire un processo che vada al di là della semplice realizzazione dell’immagine. I “photosophisti” sono i ricercatori della “photosophia”, quella che si propone come una nuova corrente artistica con l’intento di rappresentare con la fotografia i principali concetti filosofici, dimostrando la vicinanza tra immagine e vita vissuta. Siamo tutti un po’ macchine fotografiche, adatti a guardare con attenzione quello che abbiamo davanti.

Veniamo alla Libera Accademia di Roma

Noi puntiamo molto sul sociale. Ci fa piacere stare insieme e per questo con l’associazione organizziamo tantissime iniziative tra corsi, eventi, tour, gite, weekend e viaggi fotografici. Ci piace la socialità in maniera pratica. Quest’estate ad esempio abbiamo fatto il Festival del Cadore, un festival di cori ideato dal nostro Presidente Giovanni Gava che portiamo in Trentino ogni anno, perché per noi è molto importante anche la musica. Siamo circa 1500 iscritti. Facciamo anche corsi di Storia, Lingue, Yoga, benessere, fotografia ovviamente, tante altre diverse discipline che ci organizziamo qui in Viale Giulio Cesare e nell’altra sede a Cinecittà. Ora, tra le tante iniziative che facciamo, partiremo per un viaggio in Marocco, il 10 di novembre, dove andremo a fare foto e dormiremo nel deserto.

Come hai deciso di passare dalla fotografia sul campo all’insegnamento e a questo tipo di esperienze?

Tutto è nato da un episodio di molti anni fa che oggi non sarebbe nemmeno più possibile. Feci degli scatti di cronaca e un servizio ad un eremita metropolitano, un personaggio molto particolare di quelli con la lunga barba che sembrava Mosé. Pur avendo allacciato un amicizia con lui mi resi conto che tutto era finalizzato all’uscita di una mezza pagina sul giornale, niente altro. Lui ci rimase molto male per la pubblicazione e io per lui, così capii che questo mestiere fatto così non andava più bene per me e voltai pagina. Oggi bisogna dire che c’è molta più attenzione alla privacy della persona, una volta non era così. Pensiamo a certe tragedie del passato trasmesse in diretta, pensiamo al caso negli anni ’80 di “Vermicino”, eventi che hanno cambiato le leggi giornalistiche. Il lavoro è cambiato, c’è una concorrenza spietata, il digitale ha aumentato tantissimo l’offerta. Per questo da soli non si va avanti, è importante far parte di un’organizzazione, di un gruppo in ogni caso.

Spieghiamo in concreto la tua “attenzione al sociale”

Partiamo da una cosa essenziale. Pensiamo all’ambiente. Un sistema così non può durare tanto. Noi occidentali consumiamo il 70 percento di tutto quello che produce il pianeta. Se tutti consumassero allo stesso modo, capisci subito che questo un modello che sarebbe sostenibile. Nel numero di Giugno di Photosophia, un numero di cui vado particolarmente orgoglioso, abbiamo parlato di diritti umani. Ecco, le due questioni fondamentali, ambiente e diritti umani, sono totalmente collegate. Abbiamo documentato come in molti parti del mondo, ad esempio lo Yemen, si viva malissimo sia per le guerre che per la situazione ambientale. Bambini che giocano in mezzo alle macerie, alla distruzione, alle discariche oppure che fanno lezione in mezzo ai detriti.

Un messaggio di speranza, cosa fare per contribuire a tentare un mondo diverso?

Sono un fautore della decrescita serena che non vuol dire povertà: evitare gli sprechi, pensiamo al cibo che viene buttato via per aumentare il PIL o durante le crociere, un insulto alla fame nel mondo. Il problema è che ci siamo abituati a tante tragedie e oramai non fanno più notizia. Noi nella nostra piccola redazione cerchiamo di fare il contrario. Far diventare la notizia la tradizione e le piccole cose. Parlare delle cose di cui non parla nessuno, delle notizie che non fanno business. Cerchiamo di dare voce a chi ama la semplicità, “a chi si accontenta” in senso buono, a chi ha paura del mondo e si rifugia nei ricordi. Sperando in una utopia: che la nostra società occidentale possa ancora recuperare certi valori che vadano oltre il business, oltre lo sfruttamento della natura da parte dell’uomo, allargando lo sguardo sulla bellezza della socialità, sulla spiritualità e l’arte.

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