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Siccità in Italia, intervenire sui peccati capitali nella gestione dell’acqua

Siccità in Italia, intervenire sui peccati capitali nella gestione dell’acqua
Foto di klimkin da Pixabay

È fondamentale la rinaturalizzazione di fiumi, sponde e zone umide. Restituire inoltre il loro ruolo alle Autorità di Bacino a scapito delle regioni così da promuovere una gestione unitaria

Le soluzioni da attuare immediatamente per affrontare la crisi climatica si chiamano NBS (Nature Based Solution) ispirate a “quello che la natura ha sempre fatto” ossia sfruttare il funzionamento degli ecosistemi per trattenere l’acqua, renderla disponibile e ricaricare le falde e far fronte alla siccità che oggi minaccia anche il nostro Paese.

Quindi secondo l’associazione occorre:

  • rinaturalizzare e ripristinare il funzionamento ecologico dei fiumi aumentando la capacità di assorbimento delle fasce ripariali;
  • proteggere suolo, foreste e zone umide;
  • ridare centralità alle Autorità di Bacino perché ci sia una regia unica che programmi gli usi dell’acqua in base alla reale situazione della risorsa e alle priorità, in un’ottica di adattamento ai cambiamenti climatici:
  • rivedere le concessioni idriche dando priorità agli usi idropotabili, all’agricoltura e all’ambiente evitando utilizzi ormai impropri o obsoleti, come per la neve artificiale;
  • combattere lo spreco d’acqua e incentivarne il risparmio.

È quanto propone il WWF in merito alla crisi climatica per cui è indispensabile intervenire sui tanti errori fatti nella gestione dell’acqua.

La siccità una parola che evoca paure che pensavamo di aver domato. Ma non è così. La gravissima crisi climatica in atto ha tolto il velo ad una situazione insostenibile che è indispensabile affrontare con decisione.

L’Italia è un Paese che ha fatto dell’acqua un triste esempio della propria incapacità di gestire con intelligenza un bene cruciale per la nostra stessa sopravvivenza e per il nostro benessere.

Sebbene gli allarmi del mondo scientifico siano continui, secondo il WWF il nostro Pease non ha imparato a rispettare i sistemi naturali che la conservano, la trattengono e la rendono disponibile per l’uso umano, così da afattarsi a cambiamenti che ormai fanno parte della quotidianità.

L’’acquaa è stata commerciata, rubata, inquinata, sprecata, ed ora la situazione è quella di inseguire un’emergenza che si avvita su sé stessa.

Il WWF nella nota spiega i “peccati capitali” ossia gli errori di gestione del più importante bene comune compiuti dal nostro Paese da correggere il più presto possibile.

L’acqua disponibile
Il nostro Paese potenzialmente è tra i più ricchi d’acqua. Mediamente le precipitazioni ammontano a circa 300 miliardi di metri cubi ogni anno, ovvero tra le più elevate in Europa e nel mondo; la disponibilità effettiva di risorse idriche è, secondo alcune stime, di 58 miliardi di metri cubi. Di questi, quasi i 3/4 provengono da sorgenti superficiali, fiumi e laghi, mentre il 28% da risorse sotterranee (falde non profonde).

Purtroppo questa disponibilità si sta progressivamente riducendo e si assiste a un generale decremento del volume annuale di acqua che defluisce a mare. Ad esempio se mettiamo a confronto il periodo 2001-2019 con il precedente periodo 1971-2000, si registra una riduzione di portata per il Tevere del 15% e di oltre l’11% per il Po.

L’acqua prioritaria
Nella graduatoria di utilizzo dell’acqua è importante garantire l’acqua da bere, per l’uso civile, per la produzione di cibo, per mantenere il funzionamento ecologico degli ecosistemi evitando alcuni usi che non ci possiamo permettere come ad esempio l’innevamento artificiale.

L’acqua sprecata.
La risorsa idrica viene dispersa in una rete di distribuzione colabrodo difatti circa il 42% dell’acqua immessa in rete vanno persi e non arrivano ai rubinetti delle case.

L’acqua prosciugata.
I corsi d’acqua in Italia, vere e proprie arterie di un sistema che raccoglie e rende disponibile l’acqua su tutto il territorio, sono stati canalizzati e cementificati, dragati e sbarrati, spiega il WWF. Sono state ridotte le aree naturali di esondazione, distrutte le fasce riparie costituite da boschi e zone umide, che creano quella vitale “spugna” che favorisce la ritenzione delle acque e la ricarica delle falde durante le piene, rilasciandola progressivamente durante i periodi di siccità e contribuendo ad attenuare gli effetti straordinari dei cambiamenti climatici. Inoltre sono state bonificate e cancellate il 66% delle zone umide, cruciali per i servizi ecosistemi che garantiscono e per mitigare gli effetti nefasti della crisi climatica.

L’acqua mal governata
Purtroppo il frazionamento della gestione dell’acqua tra numerosi enti è alla base della mancanza di un’adeguata pianificazione della risorsa idrica. La Direttiva quadro Acque (2000/60/CE) individua nelle Autorità di bacino distrettuali gli enti che dovrebbero garantire una visione unitaria e gli indirizzi per una gestione sostenibile dell’acqua. Da anni questi enti sono marginalizzati e le Regioni controllano direttamente la gestione del rischio idrogeologico, gran parte delle concessioni d’uso e le politiche agricole, senza coordinarsi tra di loro e perdendo una indispensabile visione a livello di bacino idrografico.

L’acqua inquinata
L’inquinamento rende l’acqua non utilizzabile. L’Ispra ha trovato 299 sostanze inquinanti nelle acque di superficie e sotterranee campionate.

L’acqua salata
La drammatica situazione di siccità ha determinato un abbassamento del livello d’acqua del Po, il più grande fiume d’Italia che fornisce acqua a territori intensamente coltivati. La riduzione drastica delle portate, unita a un progressivo abbassamento dell’alveo del fiume, contribuisce alla risalita del cuneo salino (acque marine) che in questi giorni è avanzato di ben 21 km. Le acque salate rischiano così di compromettere l’irrigazione di colture già stressate dalla siccità.


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