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A Bologna i rifiuti diventano arte

A Bologna i rifiuti diventano arte
Foto indicativa non appartenente all'artista Foto di jokoPix da Pixabay

A Bologna i rifiuti diventano arte. BOOMing Contemporary Art Show di Bologna, in programma da oggi fino a domenica 26 gennaio, è la nuova fiera d’arte contemporanea che ha deciso di scardinare il concetto di “emergente” collegandolo al significato letterale dell’essere in procinto di emergere e della necessità di far emergere.

In questo senso si collega anche al duplice significato della parola “emergenza”. Emergenza come urgenza, ma anche come momento di criticità foriero di cambiamenti. BOOMing rivolge la sua attenzione a gallerie, associazioni e spazi di ricerca che mostrano particolare sensibilità nella selezione degli artisti, individuati in base a una compatibilità non solo estetica o funzionale al mercato.

L’edizione 2020, facendo riferimento all’“emergenza”, sarà dedicata alle tematiche ambientali, alla natura in pericolo, alla fragilità e alla bellezza del nostro pianeta. Nasce così l’idea del “Trash Project” dell’artista Cosima Montavoci, in collaborazione con l’eco festival PLASTICAd’A-MARE. Un vero e proprio progetto, denso e articolato.

L’iniziativa arriva a Bologna grazie alla collaborazione tra l’evento fieristico guidato da Simona Gavioli, e il primo eco festival plastic free di Roma organizzato la scorsa estate con il supporto di WWF Italia. Obiettivo: interagire direttamente con il pubblico per sensibilizzarlo sul tema dell’inquinamento da plastica a discapito dei mari.

Trash Project: laboratorio aperto per sensibilizzare sul riuso

Cosima Montavoci, vincitrice della Call For Artists lanciata nel 2019 da PLASTICAd’A-MARE, esporrà al primo piano di DumBO (Chillout-Zone) alcuni lavori della serie “Trash Project” legati alle città di Venezia e Dhaka, dando l’opportunità al pubblico di cogliere differenze e similitudini di questi “residui umani”, insieme all’opera “Achrome/Art-waste” che tratta dei resti lasciati dalle opere durante il processo creativo, con un focus particolare sugli articoli monouso.

Ma soprattutto realizzerà live una nuova parte del progetto dedicata a Bologna. Lavorando in presa diretta, da venerdì 24 a domenica 26 gennaio, assemblerà i rifiuti provenienti dalla città. I visitatori potranno portare direttamente i propri “scarti” o la spazzatura che credono rappresenti meglio “la memoria e il passaggio umano bolognese” e lavorare di persona insieme all’artista alla composizione dell’opera. “Sarà una sorta di laboratorio apertospiega Nadia Di Mastropietro, curatrice di PLASTICAd’A-MARE –, utile al pubblico per capire come dare nuova vita a oggetti di riuso”.

Domenica 26 gennaio, dalle ore 18.00, Cosima Montavoci concluderà l’opera site specific; l’oggetto realizzato sarà indossato e fatto sfilare negli spazi di DumBO nell’ambito di una performance dedicata.

Quali rifiuti?

Oggetti utili alla realizzazione dell’opera: rifiuti di piccolo spessore o peso, prevalentemente di materiale plastico, carta e polistirolo, locandine elettorali, volantini legati a eventi e offerte, biglietti da visita, orari e biglietti dei mezzi pubblici, stoffa o indumenti dimenticati (sciarpe, guanti, felpe, etc.), sacchetti possibilmente di attività commerciali locali ma non solo, cannucce, adesivi, packaging alimentari meglio se in grado di raccontare la cultura del cibo tipicamente bolognese.

I rifiuti raccontano la città

“Spesso quando si descrive la propria città – sottolinea Cosima Montavoci – si tende a parlare di una facciata; la spazzatura invece ne racconta la storia autentica, che per me prende la forma di un fossile onesto. Camminando per le strade dei luoghi che amo, ho notato grandi differenze nelle cose abbandonate, elementi che parlano delle città in modo inconfutabile, davvero come fossero fossili. Ho trascorso un anno intero a collezionare spazzatura e ho iniziato a scoprire io stessa elementi inaspettati come la presenza di una stagionalità ciclica. Con questo progetto vorrei che questi fossili, storia del nostro tempo, venissero trattati come tali e che invece di essere abbandonati venissero conservati come un’opera iconica della nostra epoca”.

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