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Addio Clara, uccisa dall’idiozia umana

Foto di pralea vasile da Pixabay

Clara, era stata battezzata così la femmina di avvoltoio capovaccaio, specie piuttosto rara nel nostro paese e a rischio di estinzione (con pochissimi nidi), dai ricercatori del Cerm, il Centro Rapaci Minacciati che, assieme alla sorella Bianca (entrambe sono nate là il 25 maggio, nella sede di Rocchette di Fazio, vicino Grosseto), l’hanno curata e rilasciata nella Murgia di Matera, destinazione Africa sub-sahariana. Ma il suo volo è stato interrotto a pochi chilometri da Mazara del Vallo, in Sicilia, dai colpi di un bracconiere che ora è ricercato dai carabinieri forestali.

Clara che non arriverà mai in Africa

Ne ha dato notizia su Facebook Guido Ceccolini l’11 settembre. Ceccolini, ornitologo, è l’ideatore del Progetto Capovaccaio, si occupa tra l’altro della gestione degli esemplari ospitati nel Cerm e della riproduzione in cattività. Ha messo online le brutte foto relative al fattaccio che lasciamo raccontare a lui, con parole appassionate, arrabbiate ma, in fondo, piene di speranza.

“Le due giovani di capovaccaio, Bianca e Clara, erano partite entrambe il 3 settembre dall’area di rilascio, la Murgia materana, per la migrazione verso l’Africa sub-sahariana ed erano giunte speditamente nella Sicilia occidentale e da lì avrebbero dovuto “saltare” in Tunisia.

Invece, il 9 settembre il colpo di fucile di un delinquente ha stroncato la vita di Clara, circa 10 km a nord-ovest di Mazara del Vallo, nel trapanese. Quel colpo di fucile ha procurato a Clara due giorni di sofferenza (non riuscivamo a trovarla) e la morte”.

Sette pallini di piombo per Clara

Continua Ceccolini: “Ha anche impedito che Clara potesse rappresentare una speranza in più per la popolazione di capovaccaio italiana perché quel piccolo avvoltoio, abbattuto da un bracconiere-delinquente a pochi mesi dalla nascita, non potrà fare ritorno in Italia, trovare un compagno e contribuire alla perpetuazione della propria specie.

Sette pallini di piombo distribuiti nel suo corpo sono stati evidenziati dalle radiografie prontamente effettuate dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, dove la sua carcassa era stata conferita dai Carabinieri del Servizio CITES della Sicilia che l’hanno rivenuta questa mattina, attivati dal Raggruppamento Carabinieri CITES di Roma su segnalazione della nostra associazione.

Un ritrovamento che si deve al fatto che Clara era equipaggiata con GPS/GSM e che poco prima di morire era uscita allo scoperto”.

Clara è capitata in un buco nero dove impera il bracconaggio

“Purtroppo, sottolinea ancora l’ornitologo , è noto che la Sicilia occidentale rappresenta per i rapaci migratori e per l’avifauna in genere una sorta di gigantesco “buco nero” nel quale vengono inghiottiti ogni anno innumerevoli uccelli a causa di un bracconaggio intenso e diffuso. Solo il monitoraggio di Clara mediante il GPS/GSM ha permesso l’emersione di un reato che, è logico pensare, sia commesso abitualmente nell’area.

I pallini che hanno centrato il corpo di Clara hanno vanificato i tanti sforzi profusi per la sua nascita in cattività e per l’organizzazione del suo rilascio: c’è chi lavora con passione per assicurare un futuro a specie che stanno scomparendo per molte cause antropiche e c’è chi ancora, nel 2018, non riesce a dare un senso alla sua esistenza se non sparacchiando qua e là ed è così idiota e criminale da ammazzare un rapace protetto e in via di estinzione.

Si spera almeno che la morte di Clara possa servire a dare un giro di vite all’anarchia totale che vige nell’area e spingere ad un contrasto più efficace del virulento ed impunito bracconaggio che vi regna”.

Il Cerm, assieme all’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, si occupano di animali come Clara e Bianca nell’ambito del progetto Life Egyptian Vulture (nome inglese del capovaccaio). L’obiettivo è appunto la conservazione di questo rapace, di cui si contano pochissimi esemplari in Italia.

La buona notizia, comunica ancora via Facebook Ceccolini, è che la sorella di Clara ha invece raggiunto la Tunisia, 280 km in mare aperto, il 12 settembre. Forza Bianca.

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