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Auto: Federmanager, Italia in UE Paese più penalizzato

Auto: Federmanager, Italia in UE Paese più penalizzato
Foto di Mikes-Photography da Pixabay

Per il passaggio all’elettrico solo nella componentistica 500 imprese a rischio chiusura, 60.000 posti in meno

Lo studio “La rivoluzione dell’automotive”, condotto da Federmanager e Aiee (associazione degli economisti dell’energia), oggi con un convegno tenutosi presso lo spazio eventi di Fontana di Trevi, con la partecipazione del ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, “analizza le ricadute sul sistema industriale italiano della transizione in corso nel settore auto, considerandone i quattro principali fattori: nuovi modelli di mobilità, guida autonoma, digitalizzazione ed elettrificazione.

“Esprimiamo una visione critica rispetto alle decisioni della Comunità Europea sugli obiettivi di transizione energetica relativi al settore dell’automotive”. Questa la posizione di Federmanager per voce del presidente nazionale, Stefano Cuzzilla, che lancia un monito: “Gli effetti sull’industria italiana saranno pesanti, serve un piano di attacco basato sulla considerazione che l’elettrico, per fortuna, non è l’unica via a una mobilità sostenibile. Facciamo affidamento sul Governo italiano per avere un quadro di regole certe, ispirato dai principi di neutralità tecnologica e gradualità della transizione, a conferma della sostenibilità dei futuri investimenti nel settore”. 

Lo studio evidenzia che per il passaggio all’auto elettrica si stima un crollo degli investimenti: -25% in 10 anni dovuto al minor numero di componenti richieste, circa un sesto di quelle utilizzati dall’auto tradizionale (200 contro 1.200), con “solo nella componentistica, 500 imprese a rischio chiusura, 60.000 posti in meno“. Ed evidenzia un quadro di “imprese troppo piccole e poco managerializzate: solo il 39% è dotato di manager”.

L’aver puntato in modo così determinato sull’elettrico farà perdere la posizione di leadership della componentistica italiana, principalmente a causa della forte riduzione del numero di componenti rispetto ai veicoli endotermici, lasciando al contempo un ruolo troppo importante ai produttori di batterie.

L’industria italiana dell’automotive

In Europa gli effetti dello stop a diesel e benzina nel 2035 potrebbe comportare la perdita di circa mezzo milione di posti di lavoro, di cui meno della metà sarebbero compensati dalla transizione sostenibile, con una perdita netta quindi di circa 275 mila posti di lavoro.

In Italia, l’intera filiera dell’automotive è caratterizzata principalmente da aziende di piccole dimensioni e conta in totale 5.500 imprese che coinvolgono 274 mila addetti, con fatturato connesso è di 105,8 miliardi di euro.

Il comparto della componentistica è quello più esposto: su 2.200 imprese delle 5.500 totali, che registrano 161 mila occupati e 45 miliardi di fatturato, 500 sono fortemente a rischio.

Conseguentemente, lo scenario porta a fare del nostro Paese il più penalizzato tra le nazioni europee produttrici di componenti in termini di riduzione di posti di lavoro, con un –37% di forza lavoro, vale a dire circa 60 mila occupati persi entro il 2040.
L’Italia è il Paese “che rischia di più”.

Il ruolo dei manager

Secondo lo studio una virata troppo spinta verso l’auto elettrica non sarebbe assorbita dalla filiera dell’automotive, che è caratterizzata principalmente da aziende di piccole dimensioni e poco managerializzate: solo il 39% delle imprese del settore è dotato di management in grado di gestire la transizione del comparto automotive.

La presenza di manager è concentrata nelle imprese più grandi (+ 50 addetti), mentre le imprese piccole (41%) o micro (20%) sono quelle che non hanno ancora affrontato la transizione alla mobilità elettrica ed emerge una bassa propensione alla innovazione.

Difatti nel primo caso, si nota il ricorso ai manager esterni (78%), mentre la loro presenza scende al 30% nel caso di gruppo italiano, dove predomina il modello misto di gestione, e si polverizza al 6% nel caso di imprese a conduzione familiare.

Richieste per evitare il tracollo industriale

Certo che la transizione è importante ma è anche importante evitare un tracollo industriale. Varie le richieste di Federmanager e tra queste l’istituzione di un fondo per la conversione del settore. Questa misura deve essere finalizzata innanzitutto all’aggiornamento professionale dei manager sulla scia di quanto realizzato con il Fondo Nuove Competenze magari utilizzando anche i fondi Pnrr.

“Siamo disponibili a collaborare con il Governo per definire una roadmap per la transizione produttiva della mobilità sostenibile, come già fatto da diversi Paesi. Non rinunciamo all’obiettivo della decarbonizzazione conclude Cuzzilla – ma solo con tempi e modi certi è possibile realizzare il cambio di modello. Semplificazione burocratica e attrazione degli investimenti stranieri devono fare parte di questa unica strategia“.

Governo, le azioni

Il Governo in questo frangente, fa sentire la sua voce con l’azione di Adolfo Urso.
“Siamo convinti che bisogna raggiungere obiettivi” della transizione green “ma bisogna affrontare la tematica con sano pragmatismo e non con ideologia preconcetta. Per la transizione digitale ed economica servono materie prime”, osserva il ministro Adolfo Urso, spiegando di aspettare il rapporto Ue sul tema “ma noi siamo già in campo” con un tavolo in materia.

Non possiamo passare dalla subordinazione e sudditanza dalla Russia per l’energia a quella della Cina per le materie prime e le tecnologie: passeremmo dalla padella alla brace. E per evitarlo dobbiamo costruire autonomia strategica”, prosegue Urso.

“Per la prima volta nel Parlamento europeo si manifesta una forte e sempre più significativa opposizione alla politica ideologica della Commissione. Due dossier, quello sull’euro 7 e quello sulla Co2, cioè sui veicoli pesanti: su questi dossier non daremo tregua. C’è sempre più consapevolezza che su questi due dossier dobbiamo imporre una visione pragmatica a questa Commissione, o lo farà la prossima, perché nel 2024 si vota e questa sempre più larga opposizione ad una visione ideologica probabilmente diventerà maggioranza”, e sono temi che potranno essere affrontati “in un contesto politico-istituzionale ben diverso da quello attuale, frutto della visione ideologica dell’Europa di 4-5 anni fa” – conclude il ministro Urso.

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