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Chernobyl, funghi radiotrofici “mangiano” radiazioni gamma e le convertono in energia per la crescita

Chernobyl, funghi radiotrofici “mangiano” radiazioni gamma e le convertono in energia per la crescita
Photo by Vladyslav Cherkasenko on Unsplash

La dottoressa Ekaterina Dadachova e colleghi hanno testato come tre diversi funghi, presenti nel reattore numero 4 di Chernobyl, rispondono alle radiazioni gamma del renio-188 e del tungsteno-188. Da quanto emerso, tutte e tre le specie, Cladosporium sphaerospermum, Cryptococcus neoformans e Wangiella dermatitidis, crescevano più velocemente in presenza delle radiazioni e tutte avevano grandi quantità di melanina (da qui funghi melanotici, cioè con pigmentazione nera).

Funghi radiotrofici rinvenuti nelle rovine di Chernobyl

Impossibile non ricordare il disastro di Chernobyl, il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare, avvenuto il 26 aprile 1986 alle ore 1:23:45 del mattino, presso la centrale V.I. Lenin, a 3 km dalla città di Pryp”jat’ e 18 km da quella di Černobyl’.

Dopo l’esplosione, una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore dell’unità 4, contaminando fortemente ampie aree intorno alla centrale e rendendo necessaria l’evacuazione e il reinsediamento in altre zone di oltre 300.000 persone.

Proprio qui, nel 1991, pilotando a distanza un robot, alcuni ricercatori hanno individuato funghi neri melanotici sui resti delle pareti del reattore nucleare numero 4.

La natura non smette di stupirci

Analisi successive hanno permesso di scoprire che certe specie fungine sono in grado di decomporre il materiale radioattivo, come la grafite calda presente nei resti del reattore di Chernobyl. Gli stessi funghi tendono anche a produrre la melanina, pigmento che si ritiene li protegga da diversi tipi di stress ambientale.

I microrganismi melanotici sono spesso le specie dominanti in alcuni ambienti estremi, come i terreni contaminati da radionuclidi, suggerendo che la presenza di melanina sia benefica nel loro ciclo di vita”—riportano la Dadachova e il suo team. “Abbiamo ipotizzato che le radiazioni ionizzanti potessero cambiare le proprietà elettroniche della melanina e migliorare la crescita di microrganismi melanotici”.

La letteratura scientifica poi, chiariscono i ricercatori, contiene già alcune prove indirette in merito a questa ipotesi. La specie fungina Cladosporium cladosporioides, ad esempio, ampiamente distribuita nelle aree circostanti Chernobyl dall’incidente del 1986, manifesta “radiotropismo”, crescendo nella direzione di particelle radioattive.

La scoperta

Studiando le tre specie di funghi, gli esperti hanno rilevato che le cellule di W. dermatitidis e C. neoformans esposte a radiazioni ionizzanti circa 500 volte più alte dello sfondo crescevano molto più rapidamente rispetto a cellule melanotiche non irradiate o a mutanti albini irradiati. Esiti confermati da valori di CFU (Unità Formante Colonia) più alti, dalla biomassa e dall’acetato accumulato in modo più veloce.

Le radiazioni, inoltre, miglioravano anche la crescita delle cellule di C. sphaerospermum in condizioni nutritive limitate.

Il segreto è nella melanina

Secondo gli scienziati, l’esposizione della melanina a radiazioni ionizzanti, e forse ad altre forme di radiazione elettromagnetica, cambia le sue proprietà elettroniche. L’abilità della melanina di catturare le radiazioni elettromagnetiche, combinata con le sue notevoli proprietà di ossido-riduzione, sembrerebbe conferire ai funghi radiotrofici la capacità di sfruttare le radiazioni per ricavare energia metabolica.

Risultati intriganti quelli ottenuti, che hanno sollevato domande su un potenziale ruolo della melanina nella cattura e nell’utilizzo dell’energia.  “La crescita maggiore di funghi melanotici in condizioni di flussi di radiazioni —concludono gli autori — suggerisce la necessità di ulteriori indagini per accertare il meccanismo di questo effetto”.

Fonte:

Dadachova E, Bryan RA, Huang X, Moadel T, Schweitzer AD, et al (2007) Ionizing Radiation Changes the Electronic Properties of Melanin and Enhances the Growth of Melanized Fungi. PLoS ONE 2(5): e457. doi:10.1371/journal.pone.0000457 (CC BY 4.0)

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