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Come se fosse l’ultimo, storia di ragazzi che vivono il bullismo

Come se fosse l’ultimo, storia di ragazzi che vivono il bullismo
Foto di Wokandapix da Pixabay

Come se fosse l’ultimo (pp.160, formato Ebook, euro 3,99, collana Sentieri, ISBN 978 88 66 70 1170) è il libro di Sonia Reginelli che con la sua storia, dà voce a tutti quei ragazzi che ogni giorno, nel silenzio generale, affrontano e subiscono atti di bullismo.

Come se fosse l’ultimo però, attraverso le sue parole, va molto oltre il tema fondamentale che è quello del bullismo, andando a toccare una molteplicità di tematiche che necessariamente compaiono quando si parla di ragazzi e di quella fascia d’età che è l’adolescenza. Amore, amicizia, paura, e tutte le emozioni e sentimenti che è possibile provare da ragazzi, quando qualsiasi cosa viene vissuta in maniera intensissima e forte. Emozioni e paure che ciascuno di noi ha vissuto in quella fase tanto intensa quanto difficile.

Due ragazzi, Sara e Jeremy, da sempre amici, da sempre loro due soli. Due ragazzi tanto diversi tra loro quanto simili e soprattutto accomunati da esperienze difficili che la vita e i loro stessi coetanei hanno presentato loro. Ragazzi di 17 anni, come tanti altri, che si ritrovano a dover affrontare e subire atti di bullismo. Ad aver paura del giudizio degli altri, il quale talvolta sembra scendere su di loro inesorabilmente, definendoli senza possibilità di ritorno. E poi Mattia, il ragazzo nuovo che arriverà alla fine a sconvolgere le loro vite.

Quello di Sonia, è un libro che fa parlare i ragazzi stessi. E che vuole in questo modo, arrivare dritto a loro, senza troppi giri di parole. Cercando soprattutto di dare un messaggio di speranza e coraggio ed esortando alla scoperta dell’empatia. Come se fosse l’ultimo tuttavia, vuole arrivare anche a tutti quei genitori e insegnanti che facendo un po’ di attenzione, potrebbero davvero aiutare e salvare dei ragazzi che da soli non riescono a vedere una via d’uscita.

Sonia Reginelli, 32 anni, mamma e scrittrice per diversi magazine e blog, nonché il suo soniaroadlife.com, per questo libro si è lasciata ispirare dalla serie TV Tredici e dall’omonimo romanzo di Jay Asher da cui è stata tratta. In questa intervista a Green Planet News, Sonia Reginelli racconta la nascita del libro e della storia.

Sonia come nasce Come se fosse l’ultimo?

Ho sempre avuto la passione per la scrittura. Questo libro poi, è nato all’improvviso. Ad ispirarmi è stata la serie TV Tredici e il romanzo dallo stesso titolo da cui è stata tratta. Appena finito di leggere il libro e di vedere la serie, è arrivata la storia, tutta intera nella mia testa e ho solo dovuto scriverla, mettere il tutto nero su bianco. Per finirlo ci ho messo più o meno un anno, non scrivendo in maniera costante. Mio figlio infatti aveva 6 mesi quando ho iniziato e non avevo di certo tutto il tempo del mondo. Nonostante ciò, i personaggi erano fissi davanti a me, chiarissimi. Così, piano piano, la storia è venuta fuori.

Di cosa parla? Quali sono i temi che affronti nel libro?

I temi affrontati sono davvero tanti e sono tutti temi molto vicini ai ragazzi, soprattutto adolescenti. Questo perché oltre al tema principale del bullismo, si toccano i temi legati all’uso delle droghe e della socializzazione. I protagonisti infatti, pur essendo molto diversi fra loro, hanno avuto a che fare con situazioni di bullismo e problemi di socializzazione con i loro coetanei e compagni di scuola.

Lei è molto introversa, insicura, un po’ in sovrappeso e non ha altri amici a parte lui che è il suo migliore amico da sempre. Lui invece risulta essere l’opposto di lei: è estroverso, ha apertamente ammesso di essere omosessuale, si veste in modo molto appariscente, si tinge i capelli e mette lo smalto colorato sulle unghie. E tuttavia, dietro questa maschera, si celano un po’ le stesse insicurezze e paure dell’amica. Sono due persone che hanno in comune esperienze di maltrattamento e hanno subito prese in giro e atti di bullismo.

Non appartengono a nessun gruppo e sono sempre solo loro due. Si toccano tematiche familiari, si parla dei rapporti dei ragazzi con le rispettive madri. Si toccano anche i temi dell’amicizia e dell’amore, della paura; tutti sentimenti ed emozioni che vivono i ragazzi a quell’età e che proprio in quella fase vengono vissuti in maniera molto intensa. Ho cercato di pensare come pensano loro, di mettermi nei loro panni e ricordarmi come pensavo io stessa a quell’età. Il mio intento era proprio quello di arrivare alle loro emozioni e sentimenti.

È suddiviso infatti in tre parti in cui ciascun protagonista parla in prima persona e racconta il proprio punto di vista sulla vicenda. Uno stile che è stato scelto per arrivare direttamente ai ragazzi. A quell’età è facile sentirsi soli e incompresi e da adolescente, devo dire che mi sarebbe piaciuto leggere un libro del genere. Mi sarei sentita meno sola. È una fase che io stessa ricordo di aver vissuto molto intensamente.

Parlando di bullismo, tema principale del libro e un qualcosa con cui purtroppo molti hanno avuto a che fare e che molti giovani continuano ad affrontare, cosa ti sentiresti di dire a queste persone, a questi ragazzi? E secondo te, come è possibile affrontare questa forma di violenza?

Il bullismo purtroppo può comparire in diverse forme un po’ a tutte le età, persino alle elementari, anche se sembrerebbe impossibile, e fino ad arrivare all’età adulta. È però un qualcosa che colpisce soprattutto i ragazzi che hanno dai dieci anni in poi, quell’età in cui ci si comincia a sentire davvero soli e si ha paura del giudizio degli altri, ancora di più del giudizio dei propri genitori. Il consiglio che mi sento di dare nella mia piccolezza, è sicuramente quello di parlarne. Questo perché purtroppo, non parlandone, il problema non si risolve affatto.

È difficile dire a un ragazzo di parlarne. Il più delle volte questo infatti non lo fa per paura delle reazioni degli altri; tuttavia farlo potrebbe essere risolutivo.  Oggi si parla tanto anche di cyberbullismo, che è una forma ancora più subdola delle altre. Certe cose accadono in casa, magari con il genitore accanto che non si rende conto di nulla. Mi sento dunque di dire ai ragazzi di cercare di affrontare il problema, di parlarne provando a mettere da parte preoccupazioni e paure. E ai genitori di non sottovalutare assolutamente nulla, perché anche un piccolo gesto che potrebbe apparire banale, potrebbe essere in realtà un campanello d’allarme e voler dire molto altro.

In conclusione, qual è il messaggio principale che vorresti arrivasse ai tuoi lettori?

Per quanto riguarda i ragazzi, vorrei che arrivasse loro soprattutto un consiglio: quello di badare di più alle loro emozioni e a quelle degli altri. A quelle dell’altro che magari non ci sta direttamente vicino, un compagno di scuola, di classe. Di non pensare che le persone siano automi senza sentimenti. Se tutti i ragazzi riuscissero a fare questo, se riuscissero a mettersi l’uno dei panni dell’altro, magari si eviterebbero quelle battute o quelle brutte parole che talvolta per un ragazzo, in una certa fase della propria vita, potrebbero rivelarsi tremende, traumatiche.

Parole che alcuni potrebbero portarsi dietro per sempre, influenzando la loro intera esistenza. E per quanto riguarda invece professori e genitori, mi piacerebbe che lo leggessero affinché niente fosse lasciato al caso quando si tratta di ragazzi, o dato per scontato. Perché a volte gli adolescenti vivono le cose in maniera molto diversa da come potremmo immaginarci noi. A loro consiglierei di non lasciar perdere tutti quei gesti e quelle parole che potrebbero essere invece importanti.

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