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Da Roma a Gerusalemme, un libro che “rigenera”. Intervista all’autore Antonello Menne

Da Roma a Gerusalemme, un libro che "rigenera". Intervista all'autore Antonello Menne
Da Roma a Gerusalemme, un libro che "rigenera". Intervista all'autore Antonello Menne

Da Roma a Gerusalemme. Un cammino in grado di fare catarsi. Come ogni cammino ma questo di più. Ne parliamo con l’autore Antonello Menne che ha raccolto in questo “diario” la sua esperienza di “consapevolezza condivisa”

Antonello Menne, avvocato di “statura”, milanese di adozione e formazione ma sardo di origine e sentimento, nel mese di agosto 2019 decide di mettersi in cammino per arrivare a Gerusalemme. Da Roma a Gerusalemme. Diario di un cammino (Primiceri Editore, pp. 214, €15), uscito il 9 aprile in libreria, è il racconto di questa intensa esperienza.

Dopo aver raggiunto Santiago de Compostela e poi, nel 2018, Roma, lungo la Via Francigena, ha voluto raccogliere “dal basso”, attraversando la Cisgiordania, le ragioni del conflitto e della pace, il senso di un percorso che vede, ancora oggi, il mondo ai piedi di Gerusalemme. A completamento delle tre peregrinationes maiores del Medioevo.

Un’esperienza radicale e di rigenerazione dello spirito, affrontata con la determinazione necessaria ma anche con un senso di “affidamento”, in compagnia dello zaino pesante e delle inevitabili vesciche e con la consapevolezza che la rinascita passa dalla messa alla prova di sé stessi.

Da Roma a Gerusalemme, in cammino per una meta e non solo per il gusto del camminare

Lo intervisto, guarda un po’, camminando, mentre attraverso Villa Borghese. Si instaura subito quell’empatia in nome di un Ultreya Y Suseya che va con le parole sui picchi della Luce del mondo.

E Antonello racconta, promuovendo immagini precise nella mia mente. Mi immagino anche io in cammino. “Molti amano citare la frase di Coelho – dice – più che la meta conta il cammino. Invece per me è il contrario. La meta, l’obiettivo, è quello che dà senso”. Come dargli torto?

E da Roma a Gerusalemme, il senso lo si trova. Soprattutto se si parte per raggiungere luoghi “ad elevato tasso metafisico” in compagnia dei propri figli, come ha fatto Antonello che è partito assieme a Chiara e Luca.

In cammino

Un mese di cammino sotto il sole cocente. Da Roma a Gerusalemme, nell’occasione degli 800 anni dello sbarco di Francesco di Assisi ad Akko in Alta Galilea, incrociando la storia e le religioni.

Il punto di partenza

Roma, piazza San Pietro è il luogo della ripartenza, di lì alla volta di Otranto, sulle tracce dei Crucesignati medievali, attraversando il basso Lazio, per poi entrare in Campania e quindi in Puglia. Attraversando gran parte dell’Appia antica e poi della Via Traiana, assaporando l’ingresso nei piccoli borghi ma anche l’accoglienza nelle città storiche e annotando incontri, imprevisti, eventi e manifestazioni che legano in un unico sentimento le persone e i luoghi della grande comunità nazionale.

Dodici giorni di cammino, poi, passando da Nazaret, Monte Tabor, Lago di Tiberiade, Cafarnao, il deserto in Cisgiordania fino a Gerico, prima della grande risalita verso Gerusalemme. Sulle tracce di Gesù “storico”, sui luoghi della sua vita terrena, dall’interno del conflitto.

Il racconto delle tensioni e la gioia degli incontri e del dialogo

Il Diario raccoglie la tensione ma anche la gioia di tanti incontri. Il Diario è quello del pellegrino ma anche del camminatore che annota e scruta, raccoglie suggestioni e rincorre le tracce della storia locale. Con il suo taccuino riunisce storie ed episodi, tappa dopo tappa, per poi andare a comporre un racconto unitario, in grado di accompagnare il lettore lungo tutto il cammino.

Alla mia domanda: dove porta ogni tuo cammino, Antonello risponde senza pensarci: Ogni cammino per me significa ‘riprendere quota’ spiega – Per questo continuo a dire che è più importante la meta ossia dove questo cammino conduce e non solo il camminare. Ogni volta camminando si scopre qualcosa in più, si entra in contatto con tutto ciò di cui possiamo fare a meno, con l’essenziale e ci si rivela alla nostra fragilità che allo stesso tempo si scopre come un punto di forza. Quanto più questa consapevolezza prende forma, tanto più si diventa “solidi”, stabili, camminando“.

Il volume ci riporta alle suggestioni di Henry David Thoreau e, più da vicino, di David Le Breton. “Camminare, nel contesto della realtà contemporanea, parrebbe esprimere una forma di nostalgia, oppure di resistenza. (…). Favorisce l’elaborazione di una filosofia elementare dell’esistenza basata su una serie di piccole cose, induce per un momento il viandante a interrogarsi su di sé, sul suo rapporto con la natura e con gli altri, a meditare su un’inattesa gamma di questioni”.

Le tappe

Il 14 agosto l’arrivo a Otranto, non una data qualunque. Nello stesso giorno del 1480 ventimila saraceni attaccarono questa cittadina. Fu una strage. Dopo sette giorni di assedio, si contarono 813 superstiti; fu offerto loro di salvarsi a patto che rinunciassero alla fede cristiana. Non accettarono e furono così decapitati. Oggi sono venerati come dei martiri. Tante ragioni per riflettere, rinunciare alla propria vita per un ideale o per fede religiosa.

Il 15 agosto il commiato dagli amici con cui ha condiviso le tappe italiane. La seconda parte del cammino si sviluppa in “Terra Santa”. Il 16 agosto Antonello Menne inizia a camminare da Tel Aviv, in compagnia dei suoi figli, Luca e Chiara. Tel Aviv e poi Akko, il luogo in cui sbarcavano i crociati diretti a Gerusalemme.

Partire e tornare “trasformati”

Si parte con un’idea e si ritorna con i pensieri capovolti, si fa esperienza di conoscenza alla fonte. Le ragioni degli arabi e quelle degli ebrei. La sofferenza di molti cristiani sempre più relegati e isolati. Camminare a piedi sui luoghi del conflitto per capire il senso e la forza di una città, Gerusalemme, definita “santa” ma anche fonte di contrapposizioni e ostilità. Non è facile vivere dal basso, con cuore aperto, nello Stato di Israele. Il conflitto entra nel ritmo della giornata e ogni passo assume il valore di una conquista”.

Sicurezza e ambiente

La nostra “chiacchierata” finisce inevitabilmente su due aspetti: la sicurezza mentre si cammina attraversando quei luoghi e quanto in questi posti vengano “sentite” le questioni relative all’ambiente.

Abbiamo riscontrato una grande voglia di raccontare soprattutto da parte degli arabi. Quando ci vedevano arrivare, con lo zaino, nelle ore del primo pomeriggio, camminando sotto al sole con 42 gradi di temperatura, erano tutti incuriositi. Chiaramente c’è un problema sicurezza. Ci sono posti, come ad esempio Gerico, dove ti diffidano dall’entrarci. Un cartello all’entrata dice in sostanza: pericolo di morte ossia se entrate lo fate a vostro rischio e pericolo. Ho vissuto attimi di panico quando ad un certo punto ci eravamo persi mia figlia Chiara e puoi immaginare che momenti. Ma è proprio in questo modo, conssapevoli dei rischi e del posto in cui ti trovi che riesci ad entrare nella dimensione più reale e intima delle cose, come nella vita. Poi ti ritrovi in una locanda qualsiasi a parlare con gente sconosciuta e ti rendi conto di come possano crearsi empatie straordinarie che danno senso a tutto il cammino”.

E ancora a proposito di sicurezza, nel Diario viene raccontata, con la scansione del cronista, la sequenza di questo conflitto quotidiano, dal passaggio nei checkpoint all’ingresso nel Muro del pianto. Fino a fare propria l’aspirazione di David Grossman:Una parte della tragedia di Israele oggi e che, nonostante ciò che abbiamo compiuto in modo miracoloso, Israele non è diventato la casa che bramavamo. È piuttosto una fortezza, non una casa. Il mio desiderio per il mio Paese, per la mia famiglia, per i miei amici, per me, è che possa diventare una casa”.

Antonello aggiunge: “Nel luogo del Cenacolo, dove è stata istituita l’Eucarestia con l’Ultima Cena, ad esempio, c’è il veto di Israele sulla possibilità di dire Messa”.

Insomma, è possibile far diventare Israele una casa e non una fortezza ma ciascuno deve fare la propria parte, rivedendo un pezzo delle proprie convinzioni e posizioni. Ma, in primo luogo, come annota Menne, predisponendosi con cuore aperto, perché – con le parole del Cardinal Martini – “non si può parlare di Gerusalemme senza amarla”.

Un breviario laico per “ripensare” il pensiero o “riscoprirlo”

Diario o breviario laico per ripensare, passo dopo passo, sulla scia di una tradizione millenaria. Ritorna ancora questa capacità di aprirsi all’umana fragilità, prendendo consapevolezza del nostro “movimento interiore” per arrivare ad una più chiara Weltanshauung. Perché, come ricorda Menne, “ogni cammino è un movimento interiore”.

Riguardo l’altra questione di cui gli chiedo, come viene sentito il problema dell’ambiente “laggiù”, Antonello lo dice molto chiaramente: “L’ambiente per loro non è una questione primaria, per usare un eufemismo. Non c’è ancora la percezione di cosa possa significare ridurre l’impatto ambientale. Basti pensare che molto spesso al di fuori di città e villaggi si ritrovano cumuli di immondizia come se fosse la cosa più normale averla lì”.

Arrivare a piedi a Gerusalemme e porsi al centro della storia

Arrivare a piedi a Gerusalemme significa andare al centro della storia, per lasciarsi abbracciare dal mistero di una terra che è santa, ancorché, ancora oggi, macchiata dal sangue del conflitto. Per capire il mondo bisogna portare i propri passi a Gerusalemme, attraversando il deserto, la Cisgiordania, facendo tappa a Gerico, a meno trecento metri sul livello del mare per poi risalire a più ottocento, in una sola tappa. Solo dopo avere fatto sosta al Getsemani è possibile ascoltare, sotto il peso dello zaino, la gioia e poi la sofferenza di Gesù, accolto e acclamato nella domenica delle Palme e crocifisso, a seguito di una congiura, cinque giorni dopo sul Golgota.

Arrivare a Gerusalemme, dalla Porta Est, significa respirare il dramma della guerra permanente, sentire sulla propria pelle il grido di dolore di chi è stato estromesso e relegato nel ghetto. Gerusalemme non è diventata, purtroppo, la casa degli israeliani, rimane una fortezza dove la coabitazione è resa possibile solo su basi militari.

Ma a Gerusalemme c’è il Santo Sepolcro, il luogo della morte e della Risurrezione di Gesù, il punto di partenza e di arrivo per i cristiani ma anche per i non credenti che vogliono capire il senso degli eventi degli ultimi duemila anni di storia. Sì, posso confermare.

È un’immagine, quella di Gerusalemme, che mi ha accompagnato fino a Otranto prima e poi alla meta finale. Nel Cammino italiano, così diverso da quelli precedenti, così fisico e spirituale al tempo stesso, ho pensato spesso al perché di questa mia sete di Cammino. Ho pensato alla vita di Gesù, ai suoi insegnamenti, alle sfide che ha affrontato e ho fatto mia ogni parola, ogni momento. Era qui che volevo arrivare, a Gerusalemme, e sapevo che non sarei mai stato solo. Era qui che sapevo ci sarebbe stata una parte importante della risposta a quel perché.

A Gerusalemme si vive un’esperienza che non ha eguali, viene alimentata la sete di conoscenza, si va in profondità. È la meta finale di un Cammino, del mio Cammino, ma è soprattutto il luogo da cui ripartire. Vivere e respirare l’aria di Gerusalemme significa rinascere, nascere una seconda volta. E io mi sento rinato”.

Rinascere, come a Pasqua, ogni volta, è questo il segreto profondo di ogni cammino. Soprattutto per chi, in solitudine o in silenzio condiviso, è in cerca di una voce che sussurri nel vento dell’esistenza. Da Roma a Gerusalemme, Diario di un cammino di Antonello Menne aiuta questa possibilità di “percezione”.

Foto: Per gentile concessione di Antonello Menne

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