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Emporio sociale, una rivoluzione

Emporio sociale, una rivoluzione
Foto di Remains Healthy da Pixabay

Emporio solidale: una rete di 60 market a sostegno dei più bisognosi (ecco la Mappa)

A circa un anno e mezzo dalla sua inaugurazione, l’ultimo nato di questi empori, un emporio solidale situato nel Comune di Quarrata, in Toscana, rappresenta una vera e propria rivoluzione nel modo di gestire l’assistenza a persone in difficoltà.

L’idea, in questo caso, è dell’associazione di volontariato Pozzo di Giacobbe, “le persone prima di tutto” il loro slogan. L’associazione, con il supporto fondamentale di Fondazione Caripit, nei locali messi a disposizione dal Comune nel quartiere I Ronchi, ha dato vita a quello che viene definito emporio sociale, parola che ci piace assai. Nei minimarket dell’emporio è possibile scegliere tra vari prodotti. Si propone cibo in cambio di lavoro e assistenza reciproca.

Emporio sociale: come funziona?

L’emporio funziona così: fai la spesa, compri quello che vuoi e non paghi in danaro. Paghi con i punti a scalare che ti vengono periodicamente ricaricati sulla tessera sanitaria. Cosa dai in cambio? Il tuo aiuto. Metti al servizio della comunità un po’ del tuo tempo, facendo volontariato a chi ne ha bisogno. Baratto sociale.

Un sistema geniale, un welfare comunitario alternativo che fa “propaganda” della capacità di porsi al servizio degli altri. Non la tradizionale distribuzione di pacchi e viveri che associazioni e parrocchie fanno con un taglio più “caritatevole”. Qui è qualcosa di più “motivante”. Si acquista il mangiare che non si riesce a comprare, ponendosi al servizio degli altri, sentendosi utili e stabilendo relazione di vicinanza e di “empatia” con le persone.

I numeri che danno il senso concreto dell’attività svolta dall’associazione Il Pozzo di Giacobbe nei suoi 170 giorni di apertura effettiva sono rilevanti: 295 persone in totale, la maggioranza di nazionalità italiana (40%), seguita da quella marocchina (32%) e albanese (18%); oltre tremila gli accessi delle famiglie beneficiarie, con una media di 19 spese effettuate ogni giorno; oltre 25.500 chili di generi di prima necessità distribuiti da gennaio 2017 a febbraio 2018 tra cui tra cui oltre 4 mila litri di latte, più di 4 quattro tonnellate di formaggi, 3514 chili di pasta, 1822 chili di pane e farine,1757 litri di olio, 1574 di passate e sughi, una tonnellata di frutta e verdura, 870 chili di carne e di salumi, 852 di legumi e 915 litri di prodotti per l’igiene personale e della casa.

Emporio sociale: come accedervi?

Per poter fare la spessa all’emporio, bisogna fare domanda presso i Servizi sociali del Comune che verificano lo stato di effettiva necessità dei richiedenti. L’Emporio è aperto tre giorni a settimana: lunedì (16-19), mercoledì (9-12) e venerdì (15-18). “Quella dell’Emporio non è l’unica realtà in Italia, ma è una delle poche in cui si cerca di conoscere il disagio altrui per aiutare le persone ad uscirne” ha spiegato Luca Iozzelli, presidente della Fondazione Caripit, sulle colonne del quotidiano locale Il Tirreno.

Ma non è solo questo. L’associazione, insieme ai Servizi sociali del Comune, dove possibile, prevede progetti di riattivazione personale per tentare di far uscire le persone dalla condizione di bisogno in cui si trovano. Dignità e autonomia sono le parole chiave dell’Emporio, come ha affermato Rossano Ciottoli, direttore dell’associazione Pozzo di Giacobbe, sempre sulle colonne del Tirreno.

In cosa consistono questi tentativi di riattivazione personale? Supporto nella ricerca di un lavoro, attività di volontariato con le associazioni del territorio (Croce Rossa, Misericordia, Auser, Coop. Gemma e Coop. Integra, quelle più attive), servizio civile regionale per i giovani, corsi di lingua italiana per migranti. E anche da questo punto di vista i numeri sono di conforto.

Su 96 delle famiglie coinvolte, i progetti di recupero che hanno auto riscontro positivo sono ben 33 e dieci sono attualmente in corso. C’è anche un importante richiamo alle proprie responsabilità in questo diverso sistema di assistenza. Soprattutto quando ci si impegna a porsi al servizio degli altri. Viene infatti stipulato un patto con la comunità sulla base di obiettivi e promesse che devono essere rispettate. Il modello funziona. Tanto è vero che entro 3 o 4 mesi aprirà un altro emporio solidale sul modello dell’emporio di Quarrata grazie alla fondazione Sant’Atto, alla Caritas diocesana, ancora con il contributo della fondazione Caripit.

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