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La tutela del nuovo lavoratore agricolo spiegata da CISL

La tutela del nuovo lavoratore agricolo spiegata da CISL
Foto di Elias Shariff Falla Mardini da Pixabay

La tutela e la sicurezza: temi tra i più importanti dell’attualità. Nelle loro molteplici forme. Nel lavoro, in agricoltura, sono da chiarire alcuni aspetti su cui molto spesso l’agricoltore che deve fare fronte all’emergenza o alla necessità, si trova spaesato.

Abbiamo intervistato la dottoressa Silvia Di Buò, Responsabile Dipartimento Politiche Assicurative e di Medicina legale del Patronato INAS-CISL che ci ha aiutato a capire meglio aspetti determinanti relativi al lavoro in campagna.

I dati forniti dall’Istat attestano che nel 2016 i lavoratori impiegatu nel settore agricolo sono stati circa il 5% in più rispetto al 2015. Quali sono i pericoli più diffusi, i rischi maggiori nel comparto agricolo?

Il comparto agricolo costituisce uno dei settori produttivi a più elevato rischio infortunistico. I rischi per la salute del lavoratore agricolo sono molteplici e variano in relazione alle caratteristiche delle diverse colture e dei cicli produttivi.

Tra gli infortuni sul lavoro che si verificano in agricoltura con maggiore frequenza vi sono le lesioni traumatiche. Questi eventi lesivi sono da ricondursi ai pericoli specifici del settore come il rischio di cadute dall’alto (da alberi, scale, fienili), di ribaltamento di veicoli in movimento (es. trattori), di perdita di controllo dei mezzi e del trascinamento nel caso di indumenti che restano impigliati in pulegge, cinghie e giunti cardanici.

Fonte: Elaborazioni Inas su dati Inail (Open Data)

Per il settore agricoltura

Fonte: Elaborazioni Inas su dati Inail (Banca dati Statistica Inail)

Anche le malattie professionali sono particolarmente presenti nel comparto agricolo tanto che, negli ultimi anni, i casi denunciati hanno registrato notevoli incrementi.

Fonte: Elaborazioni Inas su dati Inail (Banca dati Statistica Inail)

La gamma dei rischi è ampia

Una buona parte delle patologie denunciate dai lavoratori agricoli è da ricondursi al cosiddetto rischio fisico, ossia al rischio insito nella movimentazione manuale dei carichi, all’assunzione di posture incongrue e coatte, all’uso prolungato di strumenti e di macchinari agricoli vibranti. Questa tipologia di rischio può favorire l’insorgere di malattie a carico della colonna vertebrale, delle articolazioni, dei tendini, dei nervi e del sistema muscolare in genere. Inoltre, non vanno trascurati i rischi da esposizione prolungata al rumore.

Anche il rischio biologico può essere causa di dermatiti allergiche croniche, infezioni o intossicazioni. Queste patologie sono connesse alla presenza di organismi e microrganismi (come virus, batteri o muffe) presenti nell’ambiente di lavoro. Le sostanze biologiche nocive possono entrare a contatto con l’organismo per ingestione, inalazione, inoculazione e attraverso la contaminazione della cute e delle mucose. Nelle colture su campo, ad esempio, il rischio biologico è presente nel suolo contaminato, nel fieno e negli sfarinati (mais, cereali, frumento ecc…) che vengono coltivati e depositati in fienili o silos e nel contatto con gli animali.

Patologie simili possono essere causate anche dal rischio chimico. L’agricoltura, infatti, è uno dei settori nei quali vengono maggiormente utilizzati prodotti chimici come antiparassitari, pesticidi e agrosanitari, per proteggere le colture da insetti e batteri. L’uso improprio di antiparassitari può comportare notevoli rischi per la salute. L’esposizione è a piccole quantità ma per lunghi periodi e gli effetti si possono manifestare a carico di reni, fegato e polmoni.

Inoltre, si devono considerare le difficoltà di mantenere un equilibrio del benessere termico nell’ambiente di lavoro in quanto le mansioni possono essere svolte in ambienti aperti, alla luce diretta del sole e a temperature molto elevate oppure molto ridotte. Queste circostanze sono riconducibili al c.d. rischio da stress termico che può determinare colpi di calore, foto-invecchiamento, tumori cutanei e melanomi.

Fonte: Elaborazioni Inas su dati Inail (Open Data)

Quali le principali denunce di malattia professionale, a quali settori sono legati, quali, insomma gli incidenti più frequenti?

Nel 2016 le malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo hanno rappresentato più del 60% delle malattie professionali denunciate all’Inail. Costituiscono le patologie più frequenti e la causa principale dell’aumento – negli ultimi anni – delle tecnopatie denunciate.

Fino al 2006 il numero di tale patologie si era mantenuto sostanzialmente stabile intorno ai 10.000 casi/anno. Dall’anno successivo le denunce sono aumentate progressivamente di anno in anno, fino a superare la soglia dei 38.000 casi nel 2016.

L’origine di tale emersione è riconducibile, in particolar modo, all’emanazione del decreto ministeriale (dm 9 aprile 2008) che ha inserito le muscoloscheletriche tra le malattie “tabellate” che beneficiano dalla “presunzione legale d’origine”. Questa circostanza – esonerando il lavoratore dall’onere della prova – ne ha certamente agevolato il percorso di riconoscimento e quindi l’indennizzo, favorendo così un ricorso più massiccio allo strumento assicurativo.

Fonte: Elaborazioni Inas su dati Inail (Open Data)

Quali tutele previste in caso di infortunio sul lavoro o di malattia professionale?

Sono assicurati presso l’Inail i lavoratori fissi o avventizi, addetti ad aziende agricole o forestali, i coltivatori diretti, mezzadri, affittuari, il loro coniuge e i figli, anche naturali e adottivi, che prestano abitualmente opera abituale nelle rispettive aziende, gli operai assunti a tempo determinato o indeterminato e gli apprendisti.

L’assicurazione copre i lavori di coltivazione di fondi, orti e giardini, allevamento del bestiame, raccolta dei prodotti agricoli.

Sono anche tutelate le lavorazioni secondarie ossia quelle connesse alle lavorazioni principali agricole e forestali quali la preparazione e la conservazione dei prodotti agricoli, l’allevamento, la custodia e il governo degli animali, l’irrigazione e la cura delle piante.

L’Inail riconosce prestazioni economiche, sanitarie e integrative ai lavoratori che hanno subìto un infortunio o hanno contratto una malattia professionale.

Ricevuta la denuncia dell’evento lesivo, l’Ente Assicuratore attiva un procedimento amministrativo per verificare le condizioni di assicurabilità del lavoratore e le circostanze dell’evento. In caso di accoglimento dell’istanza, possono essere erogate al lavoratore le prestazioni economiche previste dalla legge.

Le principali prestazioni economiche riconosciute al lavoratore infortunato o affetto da malattia professionale sono:

  • l’indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta;
  • l’indennizzo in capitale del danno biologico;
  • la rendita diretta per inabilità permanente.

Indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta

Nel caso in cui il danno a seguito di infortunio o malattia professionale comporti l’astensione dal lavoro per più di tre giorni, al lavoratore viene pagata un’indennità giornaliera pari al 60% della retribuzione media giornaliera fino al 90° giorno, ed al 75% dal 91° giorno fino alla guarigione clinica del lavoratore.

La retribuzione media giornaliera va calcolata in base a quella effettivamente corrisposta nei quindici giorni antecedenti l’evento.

Indennizzo in capitale del danno biologico

Nel caso in cui il grado di menomazione subìta dal lavoratore risulti compreso tra il 6% ed il 15% viene riconosciuto l’indennizzo del danno biologico che tiene conto del sesso, dell’età e del grado di menomazione subita. Questa prestazione viene versata in un’unica soluzione.

Rendita diretta per inabilità permanente

Per i danni valutati tra il 16% ed il 100%, viene corrisposta una rendita vitalizia.

Inoltre, gli agricoltori titolari di rendita per inabilità permanente derivante da infortunio sul lavoro e malattia professionale possono riscattare in tutto o in parte la rendita chiedendo la liquidazione in capitale degli ulteriori ratei di rendita loro spettanti.

Abbiamo una tutela specifica di fronte al rischio chimico?

L’agricoltura è uno dei settori nei quali vengono utilizzati più di frequente prodotti chimici e fitosanitari, diffusi per la difesa delle piante dai parassiti, dalle erbe infestanti, nonché da concimi e fertilizzanti. Studi epidemiologici hanno rilevato l’incremento di tumori in gruppi di lavoratori esposti professionalmente ad alcuni pesticidi e a prodotti fitosanitari. Ad oggi, non esiste una tutela specifica per il rischio chimico anche se il fenomeno merita di essere tenuto sotto osservazione al fine di prevedere eventualmente un ampliamento dei sistemi di prevenzione e sicurezza.

Quali sono principali e immediati passi da fare per un lavoratore agricolo in caso di malattia professionale o infortunio sul lavoro per ottenere protezione e indennizzi?

In caso di infortunio (anche in itinere) il lavoratore dipendente deve dare immediata notizia di qualsiasi evento lesivo, pure se di lieve entità, al proprio datore di lavoro il quale ha l’obbligo di denunciare l’infortunio. Entro i tre giorni successivi a quello dell’infortunio il lavoratore si deve recare dal medico per richiedere il certificato di infortunio sul lavoro.

Quando il lavoratore agricolo è un autonomo (coltivatore diretto, colono o mezzadro) la denuncia dell’evento lesivo è a carico dell’infortunato.

In caso di malattia professionale, invece, sia il dipendente che il lavoratore autonomo devono sottoporsi a visita medica entro 15 giorni. Sarà il medico a denunciare l’evento inviando il certificato di malattia professionale all’Inail entro 10 giorni dalla visita.

Data la complessità degli adempimenti in questione il lavoratore può avvalersi del Patronato Inas consultando il sito www.inas.it per individuare la sede più vicina al proprio luogo di abitazione.

Nel caso un lavoratore agricolo autonomo si trovi nell’impossibilità di denunciare l’infortunio, a chi spetta darne notizia?

Spetta al medico che per primo ha constatato le conseguenze dell’evento denunciare l’infortunio sul lavoro inviando il certificato medico all’Inail.

Quali i termini della rendita diretta in caso di inabilità?

Il diritto alle prestazioni si prescrive in tre anni dall’infortunio o dalla malattia professionale.
Nel caso della malattia professionale la decorrenza del termine triennale coincide con il momento in cui il lavoratore ha la ragionevole certezza della sussistenza della malattia professionale.

Può davvero l’evoluzione dell’agricoltura, in particolare l’auspicata tecnologia 4.0 di cui parla spesso il ministro Martina, migliorare il settore in relazione a malattie e infortuni?

Senza dubbio, l’agricoltura in Italia è un settore produttivo molto dinamico. La trasformazione dell’economia, la crescente apertura dei mercati, l’introduzione di innovazioni hanno già portato il settore agricolo a mutare aspetto nel corso degli anni.

Malgrado le trasformazioni tecnologiche, l’attività agricola conserva caratteristiche peculiari e ben differenziate rispetto ad altri settori produttivi tanto che la normativa in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali in agricoltura costituisce una disciplina distinta e autonoma da quella del settore industriale, proprio in considerazione delle diverse caratteristiche delle lavorazioni praticate e dei diversi rischi a cui il lavoratore può essere esposto.

Sicuramente, l’auspicata agricoltura 4.0. potrà contribuire a una graduale e progressiva riduzione dei rischi c.d. tradizionali che in passato determinavano l’insorgenza delle patologie lavorative “classiche”. Tuttavia, processi produttivi caratterizzati da un più elevato impiego della tecnologia potranno influire sulla gamma dei nuovi rischi professionali in agricoltura determinandone un ampliamento.

Sarà necessario studiare attentamente la situazione ponendo al centro la cultura della sicurezza del settore e la tutela del “nuovo” lavoratore agricolo.

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