È quanto risulta da un nuovo studio italiano multidisciplinare su cambiamenti climatici appena pubblicato, che esamina come il climate change stia creando nuove opportunità e sfide.
Si chiama L’Artico il recente studio di Giovanni Tonini e Cecilia Sandroni dal quale emerge che l’Artico, considerato per molto tempo un confine remoto, nel XXI secolo con il rapido scioglimento dei ghiacci e la modifica degli ecosistemi, si conferma uno dei punti di osservazione di riferimento del cambiamento globale, al centro di trasformazioni ambientali senza precedenti e di crescenti rivalità geopolitiche, che stanno ridefinendo gli equilibri mondiali.
Un’analisi multidisciplinare che esamina come i cambiamenti ambientali stiano creando nuove opportunità e sfide, intrecciate con dinamiche geopolitiche emergenti.
Accelerazione climatica, senza precedenti
Oltre il 60% del ghiaccio marino estivo nei prossimi decenni, potrebbe scomparire.
La ricerca difatti documenta come il riscaldamento dell’Artico proceda a un ritmo quattro volte superiore alla media globale, con stime aggiornate che anticipano di circa due decenni la scomparsa estiva totale del ghiaccio artico, ora possibile già entro il 2027.
La perdita di ghiaccio marino estivo, che oggi copre circa il 40% dell’oceano artico nel periodo più caldo, ridisegna correnti, clima e ecosistemi marini e terrestri
Il fenomeno della Atlantificazione – l’ingresso massiccio di acque atlantiche più calde negli oceani artici – sta trasformando irreversibilmente gli ecosistemi polari, con conseguenze devastanti per la fauna e le popolazioni indigene.
I nuovi equilibri geopolitici
L’apertura di nuove rotte marittime sta rivoluzionando il commercio globale. La Rotta del Mare del Nord riduce la distanza tra Asia ed Europa di circa 4.000 miglia nautiche rispetto al Canale di Suez, promettendo risparmi di 91 miliardi di dollari all’anno in costi di trasporto. Parallelamente, l’Artico custodisce enormi giacimenti di terre rare e idrocarburi, che stanno ridisegnando le strategie delle grandi potenze.
La Russia mantiene un ruolo dominante, con 32 basi militari permanenti e la flotta di rompighiaccio nucleari più avanzata al mondo. Gli Stati Uniti hanno rilanciato la presenza artica con investimenti per oltre 80 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni. La Cina, pur non essendo una nazione artica, si definisce “quasi-Stato artico” e persegue una strategia che combina cooperazione scientifica e partnership energetiche.
Crisi della cooperazione internazionale
Lo studio evidenzia il collasso del Consiglio Artico a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, segnando la fine di oltre tre decenni di cooperazione multilaterale. Oltre 150 progetti di ricerca collaborativa sono stati interrotti, compromettendo la capacità di comprendere e prevedere i cambiamenti climatici artici proprio nel momento di maggiore urgenza.
Popolazioni indigene in prima linea
Quattro milioni di persone appartenenti a comunità indigene tra Inuit, Sami, Nenets e altre comunità, vvivono nell’Artico, trovandosi in prima linea sia degli impatti climatici che delle pressioni geopolitiche. Lo studio sottolinea come le loro conoscenze ecologiche millenarie rappresentino un patrimonio strategico indispensabile, evidenziando al contempo le minacce alla loro cultura e sussistenza.
Biotecnologie e innovazione
Lo studio documenta anche innovazioni rivoluzionarie, dalle proteine antigelo estratte da organismi artici che potrebbero trasformare la conservazione di organi per trapianti, ai progetti di geoingegneria per il ricongelamento artificiale dell’Artico.
Emergono parallelamente nuove minacce sanitarie dal disgelo del permafrost, che sta liberando patogeni antichi e virus “zombie” conservati nel ghiaccio per millenni.
Scenari futuri
Gli autori delineano tre possibili scenari per il 2050:
• Cooperazione multilaterale con istituzioni rafforzate
• Competizione controllata con sfere di influenza regionali
• Conflitto e frammentazione con escalation militari
In tutti i casi, le decisioni sull’Artico condizioneranno il destino climatico e geopolitico globale.
Quali azioni mettere in campo a contrasto
“L’Artico emerge come un laboratorio vivente dove si riflettono in modo amplificato i cambiamenti globali”, concludono gli autori. “Serve un nuovo paradigma di governance che coniughi sostenibilità ambientale, giustizia sociale e stabilità geopolitica, riconoscendo la responsabilità condivisa planetaria nell’affrontare questa trasformazione epocale.”
Il lavoro si presenta come contributo essenziale per comprendere come una regione, un tempo marginale, sia diventata centrale per il futuro dell’umanità, richiedendo risposte urgenti e coordinate da parte della comunità internazionale.
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