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Le antiche maschere della Sardegna

Foto Wikimedia Commons, libera di diritti, autore Gianni Careddu

Domenica 17 febbraio, noi di Green Planet News, siamo andati a scoprire uno degli eventi più suggestivi che fanno parte della tradizione Sarda: “A Maimone 2019, Su Carrasegare Antigu Samughesu”

Si è trattato del primo appuntamento con le maschere del Carnevale in Sardegna, a Samugheo, uno dei borghi più caratteristici e autentici d’Italia che si trova nel cuore vero e proprio della Sardegna.

Un luogo dai tratti e dai sapori antichi, con un’identità ben definita. Girando per le sue piccole, storiche vie, si possono ammirare i murales che decorano le case e descrivono i caratteri e i vissuti del paese, connotato dal suo Carnevale, ma anche dall’antica tradizione dell’artigianato tessile.

Mura delle case che raccontano la storia del luogo, sapori che sono inconfondibili e riportano a tradizioni che non vogliono essere dimenticate e forse, per chi ci va per la prima volta, anche riscoperte o scoperte e apprezzate per la loro semplicità e intensità.

Entrando a Samugheo, si entra davvero nel cuore della Sardegna, e lo si può notare dai primi momenti in cui ci si avvicina al paese. Il paesaggio verde e rigoglioso, pieno di vita, sembra accoglierti e avvolgerti in modo particolare, in un ambiente suggestivo pieno di ricchezze da scoprire passo dopo passo.

Sardegna, il carnevale antico

Una di queste ricchezze è proprio il Carnevale Antico, una di quelle esperienze che permettono di scoprire i caratteri originari e reali della Sardegna e delle sue tradizioni. Non solo chi vive a Samugheo, ma anche tantissimi altri Sardi e turisti, sin dalla mattina prima della sfilata, cominciano a riempire le strade del paese, approfittandone per gustare cibi e prodotti tipici del posto che emanano profumi intensi e singolari nel loro genere.

Alle ore 16:00 ha inizio la sfilata che si rivela del tutto suggestiva e d’impatto. Ma quali sono le maschere più caratteristiche e originali che si possono ammirare? Sicuramente i Boes e Merdules di Ottana, paesino in provincia di Nuoro, maschere che vogliono rappresentare semplicemente quella che era la vita in un piccolo centro della Sardegna e in cui, avere un giogo di buoi sembrava essere fondamentale; la rappresentazione è infatti quella del bue e del suo padrone.

Su Bundu, di Orani, maschera dai connotati quasi infernali, di un essere che è simbiosi tra una creatura umana e una animale, ma che in realtà richiama la figura del diavolo e rappresenterebbe la lotta tra bene e male che sta all’origine dei tempi. Il viso è infatti nascosto sotto una maschera di sughero con delle corna, un naso grosso e aguzzo, il pizzo e i baffi. Ma vediamo più nello specifico alcune delle maschere dell’Antico Carnevale Samughese.

I protagonisti

I protagonisti principali sono Sos Mamutzones, maschere mute con il volto annerito dal sughero bruciato, che indossano, sopra l’abito di fustagno nero, una casacca di pelli di capra con una cintura da cui pendono diverse file di sonagli. La loro danza, richiama alla mente, i riti dionisiaci. Sos Mamutzones, seguaci di Dioniso, danzano presi dall’ebrezza del momento mentre cercano di raggiungere il dio.

S’Urtzu, invece, indossando un completo di pelle di caprone nero ed un unico campanaccio, come la capra che guida il gregge, rappresenta il dio che viene immolato, sacrificato. Il capro è infatti uno dei modi nei quali Dioniso si manifestava e veniva rappresentato.

Ad uccidere S’Urtzu è S’Omadore, il domatore che uccide simbolicamente l’animale, che successivamente risorge bevendo un sorso di vino. Quest’ultima maschera che rappresenta il pastore, indossa un lungo pastrano nero e ha il viso coperto dalla fuliggine, tiene “sa soga”, la fune, un bastone e una zucca con dentro del vino.

Il tutto va a rappresentare l’antica vita campestre in Sardegna, la sua cultura agropastorale, con le impregnanti tracce dell’antico culto di Dioniso, dio della vegetazione, il cui cruento sacrificio è necessario per la sua successiva rinascita, la fine dell’inverno che fa spazio alla nuova fertilità della terra in primavera. Una serie di significati e immagini che si conservano in questi costumi e che richiamano l’antica lotta tra bene e male, il contrasto tra la vita e la morte e che aiutano contemporaneamente ad esorcizzare la paura nei confronti di quest’ultima.

Con funzione anche catartica, se si vuole, nel loro modo di rappresentare in maniera talvolta grottesca ed estrema, figure animalesche o oscure. Gli abitanti del posto portano avanti la tradizione con orgoglio e gioia, alcuni di loro cominciando a mascherarsi per sfilare sin da piccoli, i padri trasmettono l’amore per il costume ai loro figli, altri si avvicinano quando sono un po’ più grandi, da ragazzi. In ogni caso tutti partecipano in qualche modo, anche come semplici spettatori.

Un patrimonio eccezionale

Dopo la sfilata lo spettacolo non finisce, ma anzi, gli stessi spettatori diventano parte del Carnevale, condividendo con le maschere che hanno dato vita allo spettacolo, tutto il divertimento, la gioia e l’ebrezza del momento, danzando guidati dalle melodie tradizionali del posto, con canti tipici, la musica de Sos Tumbarinos di Gavoi, bevendo il vino prodotto dagli stessi abitanti di Samugheo o mangiando cibi tipici dai sapori intensi e del tutto caratteristici.

I festeggiamenti nel paese proseguono fino alla fine della giornata. La scoperta di un luogo in cui poter sentire l’origine di tradizioni, valori, in cui non si vuole rinunciare a una memoria collettiva che esiste ed è fondamentale, essenziale per i suoi abitanti e per quelli della Sardegna come isola, regione, luogo in cui poter trovare davvero tanto.

Tradizioni che si vogliono conservare e anche trasmettere. Un patrimonio eccezionale che non va ricordato solo per il suo aspetto paesaggistico, nella bellezza della sua natura in alcune zone ancora incontaminata, ma anche per la cultura, l’arte e la bellezza delle sue tradizioni, che vanno scoperte nella profondità del luogo, nel cuore della stessa isola.

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