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Ma voi li conoscete, gli aironi?

Foto di Diego Madrigal da Pexels

“Gli aironi se la stanno cavando bene”, parola di Mauro Fasola, che insegna zoologia presso il Dipartimento Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia. ”Questi uccelli non sono in pericolo”, aggiunge il professore, che da una cinquantina di anni monitora la loro esistenza andando in giro per paludi, risaie, canneti, acquitrini, a controllare le garzaie, ovvero le colonie di nidificazione, dal nome dialettale garza, cioè airone. “Negli anni ’80 del secolo scorso c’è stato un loro aumento, determinato dalla diminuzione di caccia e bracconaggio. Ha probabilmente inciso anche un certo andamento climatico a loro più favorevole. Negli anni 2000 anche si sono registrate più presenze, in minor numero negli ultimi anni perché ad esempio le risaie, un loro ideale habitat umido paludoso, sono cambiate: non sono più zone allagate del tutto, poiché i produttori adottano tecniche per risparmiare acqua e quindi le risaie sono quasi a secco, soprattutto nelle zone tra Pavia, Vercelli, Novara, altrove meno. Comunque le aree  d’Italia dove c’è una buona concentrazione di aironi sono al nord, per la maggiore disponibilità di ambienti umidi. Ma dal monitoraggio iniziato negli anni ’70 abbiamo notato che si sono diffusi pure al centro sud.

Quali specie di Airone sono presenti?

Airone cenerino, Airone rosso, Sgarza ciuffetto, Airone guardabuoi, Airone bianco, Garzetta, Nitticora. Sono popolazioni abbondanti, un po’ meno Airone rosso e Sgarza ciuffetto, che hanno rilevanza conservazionistica a livello europeo.

Sono specie indigene o vengono da fuori, cioè autoctone o alloctone?

La maggior parte è autoctona da tempo, l’Airone guardabuoi è arrivato da 20 anni, mentre Airone rosso, Sgarza ciuffetto, Nitticora rimangono qui da marzo a settembre, poi migrano in Africa. Gli stanziali li vediamo  in ogni stagione, anche se in inverno con inverni freddi possono avere problemi quando la temperatura va molto sotto lo zero e ghiaccia la superficie dell’acqua e così loro non possono accedere al cibo che sta sotto.

Hanno specie di uccelli o di altri animali (compreso l’uomo e le sue attività) che “attentano” alla loro presenza?

Gli aironi si difendono bene, i nidi possono essere predati dalle cornacchie. L’uomo non è loro particolarmente nemico, ora gli aironi sono più confidenti, tanto che hanno cominciato a frequentare pure zone suburbane come il Parco Forlanini vicino all’aeroporto di Milano Linate. Gli aironi hanno valore come specie ombrello, specie bandiera, cioè attraggano l’attenzione sul luogo dove vivono che così è conservato e permette di proteggere tutti gli altri animali e vegetali meno appariscenti che senza questi testimonial famosi non avrebbero grande fortuna e speranza. Ciò proprio per via della forte diminuzione di piccole zone umide in tutta Italia, in particolare per le bonifiche, soprattutto in Pianura Padana.

Come sono i nidi degli aironi?

Rozzi, un intreccio di rametti molto resistenti su alberi, cespugli, canneti, sempre zone in alto per evitare il furto delle uova, che depongono tra maggio e giugno, da parte di altri animali come volpi o  ratti.

In che modo avviene il monitoraggio nelle garzaie?

Il monitoraggio, soprattutto in Piemonte, Lombardia, Emilia, talvolta altrove, avviene attraverso il programma GarzaieItalia, inserito nella piattaforma Ornitho.it, il sito di informazione di ornitologi e birdwatcher, rappresentato da esperti e da tanti appassionati volontari delle diverse associazioni ornitologiche. Lo scopo è appunto quello di verificare la presenza delle colonie degli aironi ma anche di quelle specie che si associano nelle garzaie, come cormorano, marangone minore, spatola, mignattaio, ibis sacro.

Professore, gli aironi stanno bene, ma quali altri uccelli in Italia sono in pericolo?

Un lungo elenco, sono oltre 300 le specie a rischio, anche quelle più conosciute, come l’allodola, i due tipi di passeri italiani, la rondine, quella con la gola rossa. A causa di varie motivazioni, come l’uso massiccio di insetticidi, l’agricoltura intensiva, l’urbanizzazione.  E anche il sopraggiungere di uccelli alloctoni, così come succede per le piante: il che sta abolendo la specializzazione e la biodiversità.

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