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Microplastiche Ue, si allungano i tempi per il divieto

Microplastiche Ue, si allungano i tempi per il divieto
Foto di Rupert Kittinger-Sereinig da Pixabay

Pochi giorni fa si è concluso l’ultimo ciclo di consultazione pubblica sul divieto delle microplastiche sul parere dell’agenzia Ue, che ha visto coinvolte associazioni di categoria dell’industria chimica e cosmetica. Divieto delle microplastiche in cosmetici e detergenti non prima del 2030

Rispetto alla stesura originale, in cui gli esperti proponevano 4 anni per l’applicazione del divieto sui cosmetici,  e suggerivano di vietare le microplastiche con una dimensione minima di 1 nanometro (nm), l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) suggerisce un bando da 100 nanometri in su e la piena applicazione di alcuni divieti non prima del 2028 e nel 2030.

Il divieto impedirebbe a 10.000-60.000 tonnellate di plastica di fuoriuscire nell’ambiente ogni anno. Una punta dell’iceberg rispetto alla plastica che quotidianamente si frantuma su spiagge, fiumi e terra. Stop alla richiesta che, nel 2018, gli eurodeputati avevano presentato: vietare entro il 2020 l’uso di microplastiche aggiunte intenzionalmente nei cosmetici, detergenti e prodotti per la pulizia,  Anche le norme più severe per i frammenti in plastica provenienti da tessuti, pneumatici, vernici e mozziconi di sigarette e dispersi nell’ambiente, sono rimandate.

Il parere dell’European Environmental Bureau (Ufficio europeo dell’ambiente)

“Con l’intervento delle lobby”, come si legge in una dettagliata analisi pubblicata sul blog dello European Environmental Bureau (Ufficio europeo dell’ambiente), “quando il regolamento entrerà in vigore nel 2022 l’unico miglioramento immediato sarà il divieto delle microperle nei cosmetici che il settore si è già impegnato a eliminare”

Così, prosegue il blog, “nel 2022 il regolamento affronterà solo lo 0,2% delle microplastiche disperse nell’ambiente. Questo ritmo lento significa che l’iniziativa dell’Ue ridurrà l’inquinamento da microplastica solo della metà nel 2028 e del 90% entro il 2030″.

Il parere dell’European Environmental Bureau, sarà inviato alla Commissione entro dicembre, fornisce la base scientifica per la proposta di regolamento che l’Esecutivo presenterà a paesi Ue e dell’Europarlamento.

Le microplastiche, alcune ricerche

La produzione di plastica è in rapida crescita e i rifiuti, in gran parte incontrollati, creano un’immensa nuvola di particelle di plastica che stanno inquinando tutti gli ambienti conosciuti: l’aria che respiriamo, il cibo che mangiamo e in tutto il nostro corpo, nella neve artica, nei terreni montuosi e negli oceani più profondi.

Ogni anno si riversano nei mari di tutto il pianeta intorno ai 13 milioni di tonnellate di rifiuti plastici. In un periodo variabile dai 3 ai 10 anni questi materiali, per l’effetto combinato degli agenti atmosferici, dell’azione meccanica delle onde e delle correnti e dei raggi UV del sole, iniziano progressivamente a frammentarsi in particelle sempre più piccole, fino a diventare microplastiche.

Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha stimato la concentrazione delle microplastiche all’interno dell’intestino dei pesci e in particolare nei crostacei e nei molluschi bivalvi (ostriche, cozze, ecc).

L’uomo non risulterebbe esposto alle microplastiche presenti nei pesci perché, prima di essere consumati, verrebbero privati del tratto gastrointestinale, porzione anatomica in cui si accumulano tali micro-particelle. Lo stesso non si può dire per i molluschi bivalvi, poiché consumati per intero.

“Non solo Oceani, dove la plastica è presente nel 70% al 90% dei rifiuti in mare: la firma ‘indelebile’ di questo materiale, che ci accompagna massivamente dagli anni ’50, è stata trovata persino nelle rocce come elemento stratigrafico distintivo di un’epoca geologica che ormai viene definita Antropocene”. Lo denuncia il Wwf nella seconda puntata del suo report Plastica-una storia infinita.

E ancora, una nuova ricerca condotta in Cina afferma che l’inquinamento da microplastiche provoca danni significativi alle popolazioni di acari, larve e altre minuscole creature che vivono nel suolo, che mantengono la fertilità della terra.

Numerosi sono gli interrogativi circa gli effetti di tali microparticelle non soltanto sull’ecosistema, ma anche sulla salute umana. Occorre, quindi, un approccio ai consumi più responsabile, riducendo l’uso della plastica e di tutti quei  prodotti derivati che possono avere conseguenze negative sull’ambiente e sulla salute.

Articolo curato dalla redazione e realizzato con il contributo di Manola Testai.

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