(Adnkronos) – Chi tocca le tasse, si brucia. Perché perde consenso se va in una direzione, quella di una redistribuzione vera del carico fiscale, ipotizzando una patrimoniale o l’aumento delle tasse sulla casa, gli unici due strumenti che consentono di trovare gettito sicuro che possa finanziare un efficace taglio a vantaggio dei redditi più bassi. Oppure perché rischia di fare danni ai conti pubblici se prova a fare un taglio generalizzato, che non sia solo simbolico. O, ancora, perché incentiva l’infedeltà fiscale, se promette condoni e sanatorie, anche nella nuova definizione di pace fiscale, che penalizzano chi le tasse le paga regolarmente.
Sommando queste ragioni, si spiega perché nessun governo e nessuna maggioranza abbiano dimostrato finora di avere la forza di proporre una vera riforma fiscale. E, forse, perché mai si arriverà a farla.
Ogni volta che si parla di tasse, e quindi di riforma fiscale, non si può che partire dalla fotografia che i dati sulle dichiarazioni dei redditi mostrano sempre uguale a se stessa. Le tasse in Italia le pagano in pochi, sempre gli stessi, con una quota di popolazione che non dichiara quello che guadagna evidentemente troppo larga per essere tollerabile.
In questo contesto, numeri alla mano, la priorità di chi pensa di mettere mano al sistema fiscale dovrebbe essere una: la lotta all’elusione e all’evasione fiscale. Ma andare a stanare chi non paga le tasse vuol dire aumentare i controlli e inasprire le sanzioni, abbassando e non alzando il livello di tolleranza. Un altro approccio che difficilmente può portare consenso. Ma anche l’unico che potrebbe realmente aprire uno scenario diverso, che porti a una riforma fiscale efficace.
Restando invece nell’attuale proporzione tra chi paga le tasse e chi non paga le tasse, i margini di manovra si stringono fino, quasi, a scomparire. Per incidere, servirebbero scelte nette e l’assunzione di una responsabilità politica forte. O si sposta il carico fiscale, e allora la patrimoniale, nelle diverse forme possibili, e la tassazione sugli immobili, case incluse, diventano strumenti che possono produrre effetti di redistribuzione. O si decide che il carico fiscale si può ridurre ulteriormente ma, in questo caso, dato che le tasse servono essenzialmente a finanziare i servizi, si deve mette in conto che sanità, scuola pubblica e, più in generale lo stato sociale, possano scontare una ulteriore riduzione delle risorse disponibili. (Di Fabio Insenga)
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