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Quercia delle Checche e tutela dei monumenti verdi, appuntamento il 5 e 6 ottobre a Siena

La tutela dei monumenti verdi e della Quercia, appuntamento il 5 e 6 ottobre a Siena

Gli alberi come esseri senzienti con diritti da affermare e da difendere. È la riflessione che si colloca nell’anno Europeo del Patrimonio Culturale e che punta a proporre l’Italia come Paese esportatore di un nuovo modello di tutela del patrimonio culturale in Europa, nel convegno organizzato a Siena per il prossimo 5 e 6 ottobre dal titolo: La tutela dei monumenti verdi, un nuovo approccio ecologico al diritto

Il convegno trae spunto dal caso della Quercia delle Checche, primo esempio di pianta monumentale di valore naturalistico, storico e culturale riconosciuta come Monumento Verde dal Ministero dei beni e delle Attività Culturali nel 2017.

L’esperienza di tutela di un albero così simbolico per il territorio sarà il punto di partenza per una riflessione più generale, per un nuovo modello di tutela per l’ambiente ed il territorio, dove la natura entra di buon diritto nel concetto allargato di patrimonio culturale e, in quanto tale, degna di essere tutelata e conservata.

La Quercia delle Checche è un albero rigoglioso che resiste, pur portando addosso i segni dell’efferatezza umana a monito. Un vero simbolo di “resilienza verde”. Da una parte la bellezza assoluta, memorabile, di questo simbolo identitario della Val d’Orcia, così amato dalla comunità, dall’altra la leggerezza scellerata degli uomini, la loro incuria, causa delle cadute e delle ferite aperte che hanno messo a rischio la vita stessa della matriarca degli alberi, vecchia di almeno 370 anni.

Citando Marc Augè: “I paesaggi sono fatti culturali, poiché sempre abitati, percepiti e trasformati dall’azione e dalla presenza umana, e dunque doppiamente diversi e significativi in funzione della loro situazione geografica e delle società umane che li hanno plasmati”.

Particolarmente significativo, dunque, lo svolgimento di questo dibattito. Oltre agli aspetti storico, naturalistico e giuridico che verranno esaminati con relatori estremamente qualificati e conosciuti come massimi esperti nel loro settore, la sessione del sabato mattina 6 ottobre si occuperà approfonditamente dell’aspetto gestionale e del ruolo di partecipazione dei cittadini e delle associazioni nella gestione dei monumenti verdi nel ventesimo anniversario della firma della Convenzione di Aarhus sul diritto di accesso all’informazione. e alla partecipazione e accesso alla giustizia in materia ambientale da parte di cittadini e Associazioni. L’idea è quella di trarre da questi lavori una Carta di Siena, che possa rappresentare un riferimento culturale efficace e profondo per le comunità e per le istituzioni.

La Quercia delle Checche, resilienza verde

“Questo albero non è solo un albero. Porta il segno delle mani callose che si sono appoggiate, del lavoro, degli incontri notturni magici e segreti di ogni tempo, ha il cuore ruggente della resistenza e l’energia che anima la magnifica terra in cui è cresciuto”: così descrive la pianta Alfiero Mazzuoli, di Opera Val d’Orcia, che per tanti anni ha lavorato con i marchesi Iris e Antonio Origo e ancora vive a La Foce. Quella corteccia, quei rami hanno fortificato le zolle del cuore di generazioni e generazioni.

“Prima qui c’erano tante querce, le hanno tagliate per farci le traversine per la ferrovia – racconta – avrebbero tagliato anche questa se non fosse passato per caso nell’immediato dopoguerra il marchese Antonio Origo che di fronte ai tagli indiscriminati si arrabbiò non poco. Era un omone grande e imponente. Tagliarono quasi tutto, ma lasciarono questa qui”.

Il possente albero porta quindi inciso il segno identitario del coraggio di uomini e donne in carne e ossa che nel corso della storia recente si sono battuti perché il territorio non venisse spogliato del suo valore culturale, perché fosse vincolato e difeso dalla comunità.

A maggior ragione dopo una notte di follia di Ferragosto del 2014. Nasce tutto da lì, la crisi dell’albero e la rivolta umana e civile della popolazione. La distruzione di un simbolo di bellezza e la ricostituzione di un tessuto di valore attento e generoso attraverso la formazione di un comitato di cittadini SOS Quercia delle Checche, che nel corso del tempo si è trasformato in Opera Val d’Orcia. Nell’evento drammatico di quattro anni fa l’albero subì un danno enorme.

La grande branca orizzontale cadde perché persone dotate di intelligenza partuicolarmente acuta, per usare un eufemismo, a volte anche simultaneamente, per scalare la pianta, dondolarsi o semplicemente per scattarsi fotografie.

Da quel 2014 sono successe tante cose. Poco sul piano della cura e della manutenzione. Tanto sull’auto-organizzazione della comunità per difendere dai vandali e dall’incompetenza questo simbolo identitario della Val d’Orcia. Nessuno ha fatto niente per sanare la pianta storica, nonostante lo studio di Daniele Zanzi spiegasse come a causa della ferita causata dal crollo del 2014 “la pianta avrebbe avuto necessità di una serie di interventi per consentirne la sopravvivenza, oltreché di un monitoraggio periodico”.

Indicando anche in una relazione consegnata al Comune di Pienza nel marzo del 2015 quali fossero questi interventi urgenti; tra questi la “messa in opera di sostegni e messa in opera di cavi in quota, laddove necessario”. Sull’onda della partecipazione responsabile e tenace e della passione civile il ministero del Beni Culturali nel giugno del 2017 ha riconosciuto la Quercia delle Checche come un bene immobile da sottoporre a tutela, come albero monumentale perché “di particolare interesse pubblico”.

Di fatto diventando il primo Monumento Verde d’Italia e avviando una grande rivoluzione copernicana nel mondo del diritto rivolto ai monumenti opera della natura. Partendo da questa opera di sensibilizzazione, i cittadini nel 2017 hanno fatto un passo in più fondando Opera Val d’Orcia, insieme alle locali Italia Nostra, Club Unesco, Legambiente. Non solo una nuova associazione, ma un progetto di costruzione sul territorio di un agire culturale, per coniugare tradizione e contemporaneità.

L’associazione culturale, aperta e senza fini di lucro, attenta al territorio e alle dinamiche culturali, antropologiche ed educative, desidera essere luogo di proposizione e progettualità anche nella direzione di buone pratiche e sostenibilità, immaginando che nelle piccole realtà si possa intervenire per sostenere la crescita di cittadini migliori e più consapevoli.

 

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