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Viaggiare ai tempi del Coronavirus, i rischi che ho corso e le fortune che ho avuto

Sono una di quelle persone che ha corso il rischio di viaggiare quando nel Nord Italia sono scoppiati i primi casi di Coronavirus. Sono salita su un aereo (per lavoro, ma comunque accompagnavo turisti in giro per il mondo) consapevole della condizione delicata del nostro paese, ma senza mai poter immaginare che la situazione potesse degenerare in maniera così drammatica come è successo negli ultimi giorni

Viaggiare durante l’epidemia di Coronavirus

Siamo partiti il 7 Marzo per l’Islanda. Dovevamo percorrerla on the road cercando l’aurora boreale e godendoci chilometro dopo chilometro ogni sua bellezza naturale. L’Islanda, di per sé, non è un paese molto accogliente. Non mi riferisco al suo popolo e alle sue usanze, ma alla sua struttura geofisica e al suo clima: distanze infinite in cui non c’è niente se non vegetazione ricoperta di neve, vento fortissimo che taglia in due persino lo spirito e tempeste improvvise che portano alla chiusura delle strade e, ahimè, spesso l’unica via da percorrere per raggiungere un posto specifico è proprio quella bloccata per maltempo.

C’era già tensione prima di avventurarci nella terra del ghiaccio, non tanto per la paura di non tornare più, ma per le modalità con cui saremmo stati accolti in quanto viaggiatori provenienti dall’Italia. Del resto, i comunicati della Farnesina non erano rassicuranti, ma nemmeno drastici a tal punto da evitare di partire se si era in buona salute. Le cose, infatti, sono filate lisce, nessun controllo particolare nei paesi in cui facevamo scalo, tra cui Inghilterra e Austria, e ancor meno nella stessa Islanda. Sì, eravamo giunti a destinazione senza intoppi e senza nessuna delle temute discriminazioni che tanto ci preoccupavano. Eravamo effettivamente riusciti a viaggiare nell’era del Coronavirus senza subire alcun tipo di restrizione.

L’arrivo in Islanda

L’approdo in terra artica è stato entusiasmante. Sembrava di avercela fatta  e con successo!Per questo eravamo tutti felicissimi e ansiosi di andare ad assaggiare pietanze tipiche come lo squalo putrefatto e di cercare il nord e la via più buia in assoluto per tentare la mistica visione dell’aurora boreale. Non ci pareva vero! In primis a me, come coordinatrice di viaggio, di essere riuscita a portare tutti a destinazione senza intoppi e, in secundis, ai miei ragazzi di fare effettivamente quell’esperienza unica che sognavano da anni. Ma purtroppo, come ben sapete, la felicità reale era solo momentanea.

Ogni giorno arrivavano notizie scoraggianti sulla  sempre maggiore chiusura delle tratte aeree, cancellazione dei voli, impossibilità di ingresso o transiti in alcuni paesi e così via. Per non parlare, poi,  dei messaggi allarmanti degli amici, dei familiari e delle notizie che passavano randomicamente sulle bacheche Facebook di ognuno di noi. Già, nonostante le meraviglie che l’Islanda ci stesse proponendo, tra un mare in tempesta e un ghiacciaio immenso, la tensione era spesso più forte di tutto il resto. È stato inevitabile, quindi, parlare nervosamente di quello che accadeva in Italia, come è stato impossibile non staccare per un attimo la presa e godersi l’imponente forza della natura islandese.

Una montagna russa, un viaggio fatto di un concentrato di emozioni strane. Una sorta di bipolarismo che ci portava a farci domande come: “Cavolo, ma riusciremo mai a tornare? Oddio, ma ci metteranno in quarantena? E una volta atterrati come dovremo fare con il lavoro?”, per poi passare a “Ragazzi, godiamocela ora questa meraviglia che forse non potremmo più viaggiare per tantissimo tempo!”.

Viaggiare ai tempi del Coronavirus, lo smarrimento

Non capivamo! La realtà dei fatti è che avevamo (o meglio avevano, perché io in quanto tour leader ero in costante contatto con i ragazzi dell’agenzia per eventuali cambiamenti e cancellazioni) una percezione distante dal caos e dalla situazione agghiacciante (molto più di quella islandese) che stava prendendo piede in Italia. Non potendo seguire gli avvenimenti  per questione di tempo, mancanza di rete internet e itinerari di viaggio da affrontare, ci sembrava tutto totalmente assurdo. Ci prospettavamo uno scenario da guerra al nostro ritorno, anche se allo stesso tempo non credevamo potesse essere possibile.

Se vi devo parlare del mio punto di vista da coordinatrice di viaggio posso dirvi che è stata dura. Viaggiare durante il periodo Coronavirus è stata un’esperienza davvero intensa. Avevo la responsabilità di portare a termine un programma che purtroppo aveva subito anche modifiche durante lo svolgimento (pur riuscendo ad arrivare ad ogni tappa) a causa delle tempeste di neve e del vento tagliente, di riportare a casa 10 persone senza che fossero bloccate in un paese straniero in un periodo complicatissimo, e di essere l’interfaccia ufficiale con il tour operator che dietro le quinte stava lavorando duramente e H 24 per farci attraversare i confini nazionali.

Un viaggio inquieto sicuramente, ma che mi ha insegnato molte cose tra cui quelle che sto per elencarvi:

Primo insegnamento

Io sono una persona che per svago viaggia da sola, mentre per lavoro viaggia in gruppo. Mi sono immaginata di ritrovarmi in una situazione simile a quella della pandemia da Coronavirus avendo organizzato tutto da me. Avrei, probabilmente, perso la pazienza e la speranza. La fortuna, invece, è stata che alle spalle avevamo un tour operator affidabile che, nonostante le mille cancellazioni dei voli, ha trovato una soluzione a ogni difficoltà. Ci ha permesso di godere di un viaggio straordinario a prescindere da tutto, senza mai farci sentire il peso e le complicazioni organizzative straordinarie e che non dipendevano assolutamente da loro. Per cui, il primo insegnamento è stato: valuta sempre bene se organizzare viaggi in autonomia! Meglio spendere qualcosa in più, ma affidarsi a chi sicuramente ti riporterà a casa.

Secondo insegnamento

Ho capito, ancor di più, quanto sia necessario avere una compagnia aerea di bandiera: gli aeromobili verso l’Italia delle varie aziende di volo sono, al momento, praticamente a zero. Nessuno vola più sul territorio italiano. Tutti ci lasciano a piedi e dispersi in paesi stranieri. Alitalia, invece, in accordo con il governo ci sta riportando a casa uno per uno. E se fosse fallita veramente e non avessimo più avuto una compagnia nazionale su cui fare affidamento per tornare nelle nostre dimore in questo periodo di Coronavirus? Secondo insegnamento: teniamoci stretta la compagnia di bandiera, che sicuramente non ci lascerà mai soli.

Terzo insegnamento

Viaggiare ai tempi del Coronavirus e in particolare in Islanda mi ha ricordato quanto sia importante rispettare le regole se si vuole sopravvivere. Come vi accennavo prima, durante il periodo invernale, molte strade islandesi chiudono a causa del maltempo. Gli abitanti si autoisolano. Si bloccano in casa e non escono per nessuna ragione al mondo. Per quale motivo? Perché sanno che mettere piede fuori dalla porta potrebbe significare morire. Fanno una specie di quarantena bonaria per salvaguardarsi. Ciò che mi ha più sorpresa in tutto questo è che non si abbattono, forse, perché sanno che dopo la tormenta c’è il sempre il sole. Come c’è l’aurora boreale e ci sono i geyser che continuano ad esplodere. Il terzo insegnamento, quindi, è stato: torna a casa e rimanici per il momento, che c’è una pandemia in atto e non si scherza, poi tutto esploderà con forza e bellezza come un geyser.

Viaggiare durante il Coronavirus, l’arrivo in Italia

Il 12 marzo, chi prima e chi dopo, siamo atterrati in Italia dopo essere passati tramite altri aeroporti internazionali. Dopo il termoscanner a Fiumicino e l’autocertificazione rilasciata alla finanza, abbiamo preso le nostre auto in direzione casa. Inevitabile notare il deserto stradale. Impossibile non rendersi conto di quanto le cose fossero diverse rispetto a quando eravamo partiti. Incredibile vivere la sensazione di mettere piede a casa sapendo di non poter più uscire quando poche ore prima ci stavamo godendo gli Iceberg di Diamond Beach.

Eppure, anche noi, avevamo appena iniziato la nostra quarantena. Una reclusione partita con una forte emozione prima di una lunga pausa: quella di aver viaggiato, assaporato gusti nuovi, ascoltato una lingua diversa, visto una natura maestosa, scoperto un paese dalle tradizioni atipiche e sentito, ancora una volta, il rombo del motore dell’aereo ammirando le nuvole dai suoi finestrini.

Per cui, nonostante tutto, se dovessi tornare indietro rifarei esattamente lo stesso viaggio e nel medesimo periodo storico. Perché la libertà di poter vagare per il mondo è la cosa che, in assoluto, mi mancherà di più durante questa fase di isolamento. Tutto questo per dire che dobbiamo stare a casa, ma  che il dovere è rimanerci per far sì che si esca presto da questa brutta situazione, che le persone guariscano in fretta, che si possa tornare ad abbracciare chi amiamo il prima possibile, ma anche che si possa correre ad esplorare ancora di più e sempre più a fondo il mondo. Perché non c’è niente di più bello che vivere la propria vita e le meritate libertà quotidiane. Perciò stiamo a casa, per essere felici domani e per viaggiare sempre di più in un futuro prossimo.

Articolo curato dalla redazione e realizzato con il contributo di Serena Proietti Colonna

Foto:
Serena Proietti Colonna

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