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A Circonomia Stefano Zamagni: agire su crisi economica e ambientale, rischio nuova pandemia

A Circonomia Stefano Zamagni: agire su crisi economica e ambientale, rischio nuova pandemia
Stefano Zamagni

Queste le parole dell’economista Stefano Zamagni sul rapporto tra crisi ecologica e pandemia, emerse nel corso della sua Lectio magistralis “L’uomo al centro dell’economia circolare” a Circonomìa : “viviamo non una pandemia ma una sindemia”

“Il momento che stiamo vivendo non è una pandemia, ma una sindemia. È necessario agire sulla crisi economica e ambientale, altrimenti tra un decennio si corre il rischio concreto di una nuova emergenza”.

Così ha risposto Stefano Zamagni, economista e professore alla John Hopkins University e Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali interrogato sul rapporto tra crisi ecologica e pandemia, nel corso della sua Lectio magistralis “L’uomo al centro dell’economia circolare”, tenutasi ieri all’interno di Circonomìa, il Festival Nazionale dell’Economia Circolare e delle Energie in corso ad Alba in Piemonte.

Stefano Zamagni nuova pandemia, cosa rappresenta

Una sindemia che rappresenta la sintesi di tre emergenze – spiega il Professor Zamagni: “quella ovviamente di natura sanitaria, una derivante dal mutamento climatico che causa deforestazione e il cosiddetto spillover; e un’emergenza socio-economica, acuita dalla diseguaglianza a livello mondiale”.

“Sarebbe utopico voler far fronte alla situazione agendo solo sul lato della salute, in quanto si agisce quando i buoi sono già scappati – considera Zamagni come insegna papa Francesco nella Laudato Si, bisogna collegare l’impegno contro la crisi ambientale a quello contro le diseguaglianze che continuano a crescere. Perché è molto probabile che tra 9 o 10 anni scoppierà un’altra pandemia e non possiamo assolutamente correre il rischio di rivivere la situazione attuale”.

Nel corso del suo intervento il professor Zamagni ha poi affrontato il tema dell’economia circolare, definendo i due approcci all’economia circolare: uno è l’ottimizzazione, ovvero che nella consapevolezza non sia possibile produrre e crescere come si è fatto finora, occorra riciclare e surrogare l’utilizzo fonti fossili.
Secondo questa visione sono le imprese a condurre il gioco, mentre occorre un altro approccio: lo sviluppo umano integrale.

“Non è questione di parole una cosa è la semplice crescita, altro è sviluppo. Svilupparsi è un’ambizione solo dell’uomo: vuol dire liberarsi dalle catene, ovvero crescere con maggiore libertà, mentre la semplice crescita è propria di tutti gli elementi della natura, piante e animali, che non hanno la capacità di decidere come modificare il proprio destino.

“Dobbiamo cambiare a livello di società civile – prosegue l’economista – dobbiamo convincerci che sono alcuni stili di vita che vanno cambiati; se manteniamo in piedi il modello neo consumistico, sarà come il cane che si morde la coda; per quanto si voglia modificare l’offerta, fondamentale è invece cambiare la domanda.

“Bisogna agire sui modelli culturali – sostiene il professore – perché la nostra cultura è obsoleta. Ad esempio il concetto di fast fashion: la seconda fonte inquinamento a livello mondiale sono i vestiti in acrilico, diretta conseguenza di una moda che ci dice che possiamo e dobbiamo cambiare il nostro look ogni mese con una bassa spesa. Non bisogna consumare meno, ma consumare di più cose che non inquinano”.

La transizione ecologica non sarà un passaggio istantaneo – conclude Zamagni con un accenno relativo al prossimo appuntamento Cop 26 di Glasgowse non troviamo modi di compensazione per chi in questa fase subirà degli svantaggi, ci saranno processi di aggregazione di chi sarà sfavorito e cercherà di bloccare il cambiamento. La reazione alle parole del Ministro Cingolani e l’annuncio dell’aumento delle bollette energetiche possono costituire un esempio di quello che ci aspetta se non ci saranno misure di accompagnamento lungo il processo di transizione”

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