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Carbonio irrecuperabile nelle montagne: in aiuto l’agroforestazione

Carbonio irrecuperabile nelle montagne: in aiuto l’agroforestazione
Foto @Depositphotos_355306940_S

A rivelarlo uno studio condotto dal CMCC che stima l’efficacia delle pratiche dell’agroforestazione nei sistemi agricoli montani.

Piccoli incrementi anche dell’1% della copertura arborea sui terreni agricoli in montagna potrebbero apportare notevoli benefici al clima, alla biodiversità e all’economia delle terre di montagna.

L’aumento della copertura arborea infatti consente risultati tangibili in un decennio nella mitigazione del cambiamento climatico, che nelle terre alte, rispetto alla media globale, corre molto più velocemente.

Inoltre è in grado di rafforzare gli ecosistemi, oltre che a ripristinare i terreni degradati e migliorare la sicurezza alimentare.

A rivelarlo un nuovo studio svolto da scienziati coordinato dalla Fondazione CMCC sul potenziale delle pratiche di agroforestazione in montagna.

Agroforestazione in montagna, la particolarità

A livello globale ad alte quote si stima che sia concentrato il 29% del carbonio irrecuperabile, ovvero quello che una volta disperso non potrà essere recuperato in tempi ragionevoli secondo la letteratura scientifica.

Questo “carbonio di montagna” supporta un alto livello di biodiversità, comprese molte delle ultime specie di grandi mammiferi rimaste sul pianeta. Un maggiore uso degli alberi nell’agricoltura di montagna può aprire la strada alla conservazione di queste risorse insostituibili e fornire una maggiore resilienza e sostenibilità al sistema agricolo montano.

Lo studio – condotto da scienziati del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), del Centre for Mountain Futures of the Kunming Institute for Botany (Chinese Academy of Science), e del Centre for International Forestry Research-World Agroforestry (CIFOR-ICRAF), prende in considerazione due scenari. Il primo dei quali prevede un cambiamento incrementale, e il secondo un cambiamento sistemico e maggiormente trasformativo verso l’agroforestazione.

Il potenziale di mitigazione dei sistemi agricoli montani risulta essere a livello globale di 0,5-0,7 PgC nel caso di un cambiamento incrementale e 1,1-2,7 PgC nello scenario di un cambiamento sistemico (dove 1PgC = 1 petagrammo di carbonio = 10^15 grammi o un 1,000,000,000 di tonnellate di carbonio).

Per fare un esempio si stima che un aumento del 10% della copertura arborea su tutti i terreni agricoli nelle regioni montane possa sequestrare circa 3 PgC. Come termine di confronto, le perdite di carbonio dovute alla conversione dell’uso del suolo tropicale sono state stimate in 0,6-1,2 PgC all’anno, con emissioni nette da uso del suolo, cambiamenti nell’uso del suolo e silvicoltura per l’anno 2020 stimate a 1,6 ± 0,7 PgC.

“Gli alberi nelle aziende agricole sono una strada da percorrere per la transizione verso sistemi agricoli migliori, con un’impronta di carbonio più bassa e pratiche ecocompatibili, e sono particolarmente adatti a fornire benefici ecosistemici nei terreni spesso accidentati e a rischio di erosione delle regioni montane” ha dichiarato Robert Zomer, primo autore dello studio.

 “Sono molti i benefici dell’agroforestazione, particolarmente adatti ai sistemi agricoli di montagna. Dare importanza agli approcci agroforestali paesaggistici per la protezione del carbonio irrecuperabile in montagna consiste nel fornire alle comunità montane opzioni di sostentamento alternative, sostenibili e rispettose della biodiversità, che riducono la pressione sulla biodiversità locale e su altre risorse naturali, migliorando al contempo i mezzi di sussistenza di alcuni degli agricoltori più poveri del mondo”, ha dichiarato Antonio Trabucco, senior scientist al CMCC, tra gli autori dello studio.

 “Sistemi agroforestali resilienti possono offrire grandi opportunità per collegare l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici e dovrebbero essere ulteriormente stimolati nell’ambito delle politiche agricole, ponendo le basi per un futuro sostegno politico e finanziario, come parte della trasformazione a lungo termine del nostro sistema alimentare globale”, ha aggiunto Donatella Spano, professoressa all’Università di Sassari e membro del comitato strategico della Fondazione CMCC.

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