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Ice Memory: così si salva la memoria dei ghiacciai

Foto di Frans Van Heerden da Pexels

Ice Memory ha un obiettivo preciso: salvare la memoria dei ghiacciai che, come vere e proprie casseforti, ma freddissime, hanno intrappolato in loro particelle organiche, elementi chimici e le tracce dell’ambiente terrestre del passato e sono in grado di raccontarci cosa è successo sul nostro pianeta

Insomma dentro il ghiaccio ci sono un sacco di dati utili che rischiano di essere perduti. I tempi sono strettissimi, poiché i ghiacciai italiani stanno scomparendo a causa delle variazioni del clima.

Come spiega a GPNews Carlo Barbante, docente presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e ricercatore dell’IDPA (Istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali) del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) l’intento  del progetto Ice Memory è “quello di creare un archivio mondiale dei ghiacci in Antartide, un continente dedicato alla scienza e alla pace, per preservare le carote di ghiaccio dai principali ghiacciai del mondo in via di estinzione. In questo modo”, aggiunge, “nei decenni e secoli a venire, gli scienziati avranno ancora abbastanza materie prime di alta qualità da investigare”. Funziona così: si estraggono tre carote di ghiaccio fino al raggiungimento della roccia madre. Una è sottoposta alle analisi con metodi attualmente conosciuti, in modo che le generazioni future avranno un database di riferimento. Le altre due saranno dedicate al patrimonio mondiale e conservate in Antartide.

“La sfida”, racconta il professor Barbante, “ha coinvolto inizialmente il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Università Ca’ Foscari di Venezia, il Laboratorio di Glaciologia e Geofisica Ambientale (LGGE) di Grenoble (Francia) e l’Università di questa città. Ad oggi esperti da tutto il mondo sono impegnati nella pianificazione ed esecuzione delle missioni future, così come nella redazione di protocolli condivisi di estrazione, trasporto e stoccaggio delle carote di ghiaccio”.

Come è iniziata Ice Memory e in che modo si va avanti?

“Nel settembre 2016 un team italo-francese ha estratto tre carote di ghiaccio di 130 metri dal Col du Dôme, a 4300 metri di quota nel Massiccio del Monte Bianco, sulle Alpi francesi. L’operazione è stata svolta rispettando una rigida catena del freddo, e nel 2017 è stata ripetuta sul ghiacciaio andino Illimani, in Bolivia. Qui, come sul Col du Dôme, le temperature aumentano di 1,5 – 2 °C ogni 10 anni: la fusione dei ghiacci più superficiali nei mesi estivi rischia di cancellare la memoria storica del clima passato (si pensi alle stratificazioni di pollini o alle concentrazioni di gas e metalli). Ai campioni di ghiacci francesi e boliviani potrebbero seguire carote estratte in Germania, Svizzera, Nepal, Stati Uniti. Indagini preliminari sono state condotte nell’ottobre 2018 sul Grand Combin e in questi mesi si sta organizzando la futura spedizione sul Kilimangiaro.

“Si può anche dare un sostegno concreto per  effettuare la missione del progetto Ice Memory prevista per l’autunno del 2019 (https://sostienici.unive.it/projects/la-memoria-dei-ghiacciai). Il team italiano preleverà una carota di oltre 80 m dalla vedretta alta del ghiacciaio sul Grand Combin a 4200 m di quota, distante pochi chilometri dal ghiacciaio del Monte Bianco e del Monte Rosa. La missione impegnerà i ricercatori per circa due settimane durante le quali lavoreranno in quota allestendo il campo operativo appena sotto la vetta del Grand Combin”.

Quanto tempo è previsto per concretizzare Ice Memory?

“Il 2° incontro internazionale di esperti e collaboratori di Ice Memory si terrà dal 3 al 5 aprile 2019, presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Questa sarà l’occasione per valutare gli stadi di avanzamento ed elaborare specifici protocolli per le fasi di prelievo, trasporto e stoccaggio delle carote di ghiaccio”.

Cosa possono raccontare le carote di ghiaccio?

“Analizzando il ghiaccio è possibile ricostruire il clima passato della Terra e la composizione atmosferica a partire dalle bolle d’aria in essa contenuteOgni singolo strato di neve che alimenta un ghiacciaio è una fotografia che fissa le caratteristiche climatiche di quel preciso momento temporale in cui si verifica. Ecco quindi che, nevicata su nevicata, strato su strato, le informazioni sul clima si accumulano e si fissano nella stratigrafia glaciale. I ghiacciai di tutto il mondo, da quelli polari a quelli montani, rappresentano uno straordinario archivio del clima, un’enorme biblioteca che, letta con le conoscenze e le tecniche adeguate, può darci informazioni preziosissime sull’evoluzione del clima e dell’ambiente del passato. Si basti pensare che solo nei ghiacciai alpini, ad esempio il ghiacciaio Ortles in provincia di Bolzano (3900 m), ad una profondità di 75 m sono stoccate le informazioni di circa 7 mila anni fa. In Antartide, dove le precipitazioni annue sono molto scarse, a 100 m di profondità sono registrate le caratteristiche della Terra di 2 mila anni fa”.

Come si recuperano queste informazioni?

“Gli scienziati prelevano campioni di ghiaccio (carote) a diverse profondità e in diversi ghiacciai nel mondo, per analizzare gli strati di neve trasformata, nel tempo, in ghiaccio. Costituiti quasi interamente da molecole d’acqua, questi strati contengono anche impurità. Le impurità possono essere solide, come la polvere rilasciata dal suolo o da attività umane (ad esempio particelle di metalli pesanti come piombo, zinco, rame, platino, rodio, palladio), oppure liquide. Il termine “aerosol” è usato per indicare minuscole goccioline comprendenti, ad esempio, acidi: acido solforico da combustione del carbone, emissioni di acido nitrico da suoli agricoli, acido fluoridrico emesso da attività industriali e acidi organici derivanti dalle emissioni naturali di composti organici, dalla combustione delle piante o dalla combustione di combustibili fossili e così via.

“Tuttavia, le informazioni più importanti sulla storia del clima derivano dalle molecole d’acqua e dalle frazioni gassose presenti nel ghiacciaio. L’ossigeno e l’idrogeno dell’acqua si presentano in forme diverse, note come “isotopi”, caratterizzate da pesi differenti. La misurazione accurata delle proporzioni degli isotopi pesanti e leggeri offre una fotografia delle condizioni di temperatura o sulla quantità di precipitazioni nel momento in cui la neve è stata depositata. Ancora, dalla frazione gassosa negli strati glaciali è possibile misurare la concentrazione dei gas atmosferici, nello specifico i gas serra quali anidride carbonica, metano, protossido di azoto, cloroflurocarburi…”

Perché Ice Memory serve all’umanità?

Mantenere le informazioni disponibili, e in un unico archivio, è fondamentale per le future generazioni di scienziati. La conservazione delle attuali carote permetterà agli scienziati futuri di avere accesso a dati altrimenti non più disponibili e analizzarle con tecnologie più avanzate.

“Ad oggi non possiamo dire come sarà il mondo tra un centinaio di anni o più, quando gli scienziati apriranno queste scatole per trovare le carote di ghiaccio. Con questa donazione a persone che non esistono ancora, sicuramente più brillanti di noi tra 200, 300 o 400 anni, potremo dire che il ghiaccio continuerà a vivere dopo di noi. Qualunque cosa ne diventi di queste carote, il progetto Ice Memory serve anche a sensibilizzare il pubblico sul nostro interesse principale: proteggere il pianeta e comprenderne le dinamiche”.

Quale è l’evoluzione dei ghiacciai?

“La criosfera mondiale è molto sensibile alle variazioni climatiche. Al contrario di quanto comunemente si creda, la risposta dei ghiacciai alle fluttuazioni climatiche è molto poco inerziale tanto da considerare i ghiacciai come un “termometro” per misurare lo stato del clima. Il riscaldamento climatico in atto sta avendo un effetto diretto e devastante sullo stato di salute dei ghiacci. Interi sistemi glaciali si stanno riducendo e alcuni, ormai, scomparendo. Con le attuali condizioni climatiche, gli scienziati stimano che la gran parte dei ghiacciai si fonderà entro il 2100.

“Questa scomparsa rappresenta un danno enorme, oltre alle note conseguenze ambientali, per la storia del nostro pianeta. A causa della fusione dei ghiacciai, tutte le informazioni conservate nei loro strati vengono letteralmente dilavate e perse come l’inchiostro di una splendida poesia che si scioglie sotto un bicchiere d’acqua”.

Come è la situazione in Italia?

“I ghiacciai alpini italiani soffrono della loro esposizione a sud, mentre i ghiacciai appenninici risentono delle condizioni climatiche a cui è sottoposta la penisola. Il gruppo italiano sta organizzando spedizioni su ghiacciai destinati a scomparire nei prossimi decenni. Nella lista ci sono il Grand Combin, Colle Gnifetti (Monte Rosa), l’ultimo ghiacciaio importante delle Dolomiti (Marmolada), il ghiacciaio più a bassa quota delle Alpi (Montasio, in Friuli, circa 1900 metri di quota) e il ghiacciaio più a sud d’Europa (Calderone, in Abruzzo)”.

Che vita ci sarà sulla Terra senza i ghiacciai?

I ghiacciai rappresentano la nostra riserva idrica, hanno inoltre catturato nei decenni elementi e particolato che durante lo scioglimento andrebbero rilasciati. La scomparsa dei ghiacciai andrà quindi ad inficiare la quantità e la qualità delle acque disponibili per tutte le funzioni vitali”.

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