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Marmolada, ghiaccio rovente in montagna secondo il WWF

Marmolada, ghiaccio rovente in montagna secondo il WWF
Foto di Antelao da Pixabay

Secondo il WWF da tempo i dati e le analisi erano disponibili. Quello che manca è l’azione

Quella di tre giorni fa sul ghiacciaio della Marmolada era una tragedia annunciata ormai da tempo anche se nessuno poteva sapere quando e dove e per questo ancor più grave e dolorosa.

Climatologi e glaciologi diffondono da anni scenari e avvertimenti che corrispondono a quanto accaduto sul ghiacciaio della Marmolada. E lo fanno in particolare attraverso i rapporti dell’IPCC, il panel scientifico delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico e persino con un report speciale su “Mari e criosfera in un clima che cambia” del 2019.

Di tragedie per i cosiddetti glacier hazards se ne sono verificate negli ultimi anni diverse anche sulle Alpi europee e purtroppo tutte presto dimenticate.

L’ultimo Catasto dei ghiacciai italiani – sostiene il Wwf – ci dice che negli ultimi decenni i ghiacciai alpini sono in forte ritiro dimostrando che la superficie dei ghiacciai italiani è passata dai 519 km2 del 1962 (Catasto Cgi-Cnr), ai 609 km2 del 1989 (catasto World Glacier Inventory, con dati raccolti negli anni ’70-80), agli attuali 368 km2, pari al 40% in meno rispetto all’ultimo catasto.

Anche se il numero dei ghiacciai è cresciuto: 903, contro gli 824 nel 1962 e i 1,381 nel 1989, l’aumento rispetto al 1962 è in realtà un altro segnale di pericolo perché dovuto all’intensa frammentazione che ha ridotto sistemi glaciali complessi a singoli ghiacciai più piccoli.

Negli ultimi 150 anni alcuni ghiacciai hanno perso oltre due chilometri di lunghezza, ma a ridursi è anche il loro spessore che in una sola estate può assottigliarsi anche di 6 metri.
Con la media delle temperature degli ultimi anni, i ghiacciai sotto i 3.500 metri sono destinati a sparire nel giro di 20-30 anni. Se le temperature continueranno ad aumentare, nel giro di pochi decenni i ghiacci eterni dalle Alpi Orientali e Centrali potrebbero ridursi drasticamente o scomparire. Rimarrebbero solo sulle Alpi Occidentali, quelle più alte. Inoltre, i ghiacciai sono sempre più scuri, e quindi più vulnerabili alle radiazioni solari” afferma il WWF.

Come denunciato da anni dal WWF “le conseguenze sono devastanti, non solo per l’ambiente e il paesaggio montano, per le comunità e le attività economiche, dal turismo all’energia. Scrivevamo già anni fa che i deflussi estivi dei fiumi derivano per la maggior parte dalla fusione glaciale. Venendo meno i ghiacciai, svanisce anche il loro contributo ai torrenti alpini e ai fiumi della Pianura Padana, compreso il Po con significative conseguenze sull’approvvigionamento idrico per la popolazione e per le attività economiche, a cominciare dall’agricoltura e dalla produzione idroelettrica e termoelettrica (questo lo scrivevamo prima dell’attuale, gravissima siccità).

Aumenta anche il rischio dei cosiddetti glacier hazards, cioè i rischi legati all’azione diretta del ghiaccio e/o della neve e potrebbero portare a valanghe di ghiaccio e ad alluvioni catastrofiche per esondazione di laghi glaciali, come quella verificatasi nell’estate del 2019 per il collasso del ghiacciaio Zermatt in Svizzera”.

I dati e le analisi sono quindi disponibili da tempo: è l’azione che manca. Il WWF chiede quindi al Governo di agire sia per la mitigazione (abbattimento delle emissioni di gas climalteranti) sia per l’adattamento (misure per far fronte al danno e agli impatti già in atto).

Per la mitigazione, serve una legge sul clima, che renda la crisi climatica un elemento imprescindibile di valutazione per tutte le politiche. Serve inoltre l’urgente aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia Clima (PNIEC), compilato prima dell’aggiornamento degli obiettivi europei e dei prezzi alle stelle del gas: oggi, senza ulteriori tentennamenti, occorre premere l’acceleratore sulle fonti rinnovabili e su risparmio ed efficienza energetica, con un piano di portata davvero eccezionale.

Va anche, e finalmente, varato il Piano Nazionale per l’Adattamento al Cambiamento Climatico. Ricordiamo che un piano fu varato nel 2017, sottoposto a consultazione, riaggiornato nel 2018, sottoposto alla Conferenza Stato Regioni e poi a Valutazione Ambientale Strategica: ora pare vada riscritto daccapo, ma nessuno sa chi e con che tempi lo stia facendo.

Il prossimo 8 luglio il ministro Cingolani sarà in Val d’Aosta: per il Ministro della Transizione Ecologica sarà una ottima occasione per dire cosa intende fare per contribuire alla lotta contro il riscaldamento globale e per dotare finalmente l’Italia di un piano di adattamento a quei cambiamenti ormai inevitabili.

Federparchi: Tragedia immane, in natura il rischio zero non esiste. Si tratta di effetti evidenti del clima, serve cautela, informazione e organizzazione

La dichiarazione di Giampiero Sammuri presidente di Federparchi

Sulla Marmolada si è registrata una tragedia immane e voglio esprimere tutto il cordoglio della Federparchi ai familiari delle vittime. Purtroppo le cause di quanto accaduto sono evidenti: i cambiamenti climatici stanno manifestando i loro effetti con sempre maggiore evidenza. Le aree naturali protette sono uno degli strumenti fondamentali pe ripristinare un rapporto equilibrato con gli ecosistemi”.

A tal proposito – prosegue Sammuri ribadisco un concetto più volte espresso: in natura il rischio zero non esiste, questo vuol dire cercare di tenere presente tutti i fattori di pericolo quando si affronta un’escursione, vale per l’alta montagna come per il mare. Vale per gli incendi dei boschi e per i ghiacciai che si sciolgono. Alle migliaia di turisti che cercano un contatto con gli habitat naturali, e tantissimi lo fanno nei parchi, possiamo solo ripetere che occorre cautela, informazione ed organizzazione. Non si può prevedere tutto, ma è bene essere sempre in allerta”.

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