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Motore elettrico, non sia lo slogan dei “poteri forti”

Motore elettrico, non sia lo slogan dei "poteri forti"
Foto di Gerd Altmann da Pixabay

La recente deliberazione della Commissione Europea che fissa al 2035 ll termine per la commercializzazione di autoveicoli con motori endotermici sta animando un confronto sulle conseguenze di una tale direttiva, tra integralisti dell’ambientalismo e sostenitori di un approccio più pragmatico e rispettoso delle conseguenze sul piano economico e sociale. Le nostre perplessità.

il timore paventato da più parti, non solo dal settore interessato, è che un approccio integralista avrà conseguenze demolitrici sull’industria automobilistica europea in genere e su quella italiana in particolare. Per il nostro paese il settore industriale che ruota intorno all’automotive rappresenta  il 20% del PIL.

Lo scorso 23 febbraio anche FederManager si è impegnata sull’argomento presentando uno studio commissionato ad AIEE (Associazione Economisti dell’Energia).

Lo studio, a mio avviso, salta alcuni passaggi di premessa e si sviluppa all’interno della determinazione UE che da come unica soluzione possibile l’adozione dell’auto elettrica, ponendo l’area europea in una posizione di avanguardia ideologica rispetto al resto del mondo.

Una posizione che appare più politico-ideologica che razionale. Ci sono importanti punti su cui varrà riflettere, stante che una adesione così incondizionata può significare la messa in pericolo di circa 250 mila posti di lavoro (diretti e indotto).

Le nostre perplessità sul motore elettrico “a oltranza”

  • Il contenimento delle emissioni di CO2 non puo essere valutato per aree politiche/amministrative. L’inquinamento è globale, quindi le azioni di contenimento in Europa non hanno efficacia se nel resto del mondo non si attuano azioni analoghe, Cina, India, Indonesia, Canada, Brasile, Usa, ad esempio. Mentre in Europa, sotto la spinta delle  lobbies ambientaliste, penalizziamo il sistema industriale, in Cina vengono realizzate oltre 6 centrali a carbone per cui i presunti contenimenti di CO2 in Europa saranno rapidamente sopraffatti dalle maggiori emissioni di Cina e India ed il resto del mondo non aderente. Non a caso i due colossi demografici hanno spostato rispettivamente al 2060 e al 2070 l’eventuale intervento a politiche di contenimento.
  • Viene dato per scontato che l’unica soluzione possibile, per l’azzeramento della CO2, risieda nella motorizzazione elettrica ma in questa suggestione sta l’equivoco (inganno?). Misurare l’emissione di CO2 allo scarico non è esaustivo. L’inquinamento nell’atmosfera da parte degli autoveicoli è un processo più complesso ed articolato che chiama in causa l’intera catena, dalla produzione dei veicoli a quella delle batterie, dal reperimento delle materie prime come litio, cobalto, rame, piombo e altri i cui processi di estrazione sono estremamente inquinanti e dannosi per l’ambiente. Soprattutto considerando che avvengono in aree lontane dal mondo occidentale e non si tiene conto dello sfruttamento della mano d’opera impiegata in tali processi.
  • Il fabbisogno energetico. L’eventuale conversione dell’attuale parco endotermico a motorizzazione elettrica richiederebbe la produzione di una quantità di energia elettrica da rinnovabili che non siamo in grado di fornire. Non solo perchè mancano gli impianti ma perche l’energia elettrica da rinnovabili è a bassa intensità e, per sua natura, discontinua e per averne una distribuzione continua, necessita di accumulo. Al momento attuale non esistono tecnologie che garantiscono accumuli in grandi quantità.
  • Mancano le colonnine di ricarica e quando ci saranno, bisognerà armonizzare la potenza tra dispositivi impiantati per uso domestico rispetto a dispositivi per uso pubblico con una tariffazione che non potrà essere quella incentivante attuale ma che dovrà garantire il recupero fiscale assicurato attualmente dal gettito dei carburanti (40 miliardi). I tempi di ricarica medi attuali sono stimati in 35/40 minuti per ricariche che garantiscono 400 km di autonomia. L’eventuale accelerazione dei tempi rischia di pregiudicare la vita media delle batterie. Un bel tema affrontato con leggerezza e che rischia di paralizzare la mobilità.
  • Il costo delle auto elettriche non potrà ridursi di molto perchè il peso delle batterie è tale che la vettura dovrà necessariamente avere una certa dimensione e cilindrata. La motorizzazione elettrica favorirà un processo di discriminazione sociale per censo. Ritorneremmo al dopoguerra quando l’auto era un lusso per pochi.
  • Nel computo dei vantaggi ambientali pro elettrico non viene mai considerato il problema dello smaltimento delle batterie esaurite. Le batterie per auto sono elementi ad alto rischio inquinamento.
  • L’accanimento ideologico pro elettrico fa distrarre l’attenzione da altra forme di soluzione al problema inquinamento da CO2 dalla produzione di nuove motorizzazioni all’impiego di biofuel all’impiego dell’idrogeno.
  • Un’ultima considerazione: l’obiettivo ambientale è certamente fondamentale ma al pari lo sono il diritto alla salvaguardia del lavoro ed alle pari opportunità sulla qualità della vita tra cui il diritto alla mobilità. L’azzeramento della CO2 non può valere l’azzeramento dei diritti  alla scelta  del tipo di mobilità.
  • Nel novero dei pro e contro, un elemento fondamentale da tenere presente è quello della capacità di controllo della filiera produttiva che prevede anche il problema dell’approvvigionamento delle materie prime e dei componenti attualmente tutti sotto l’egemonia di Cina, Corea e Usa. La recente vicenda del Covid e la guerra Russia /Ucraina richiamano con forza l’attenzione su tale aspetto.-

In conclusione, gli obiettivi di miglioramento ambientale non possono essere dimenticati ma è necessario che gruppi di potere schierati a prescindere lo consentano. Guardando a tutte le realtà del complesso problema. Le recenti dichiarazioni del Ministro Urso confortano in tal senso nel manifestare la consapevolezza su delicati aspetti di una tematica troppe volte appannaggio di opposte tifoserie.

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