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Vernici fotovoltaiche: verso un’alternativa efficiente al silicio

Vernici fotovoltaiche: verso un'alternativa efficiente al silicio
Soluzione di precursori della perovskite e dispositivo fotovoltaico fabbricato presso i laboratori del Cnr-Nanotec (credits Francesco Bisconti)

Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Nanotec) di Lecce e Bari ha affrontato il problema della stabilità chimica nel tempo degli inchiostri a base di perovskite, tra i materiali alternativi al silicio più promettenti nello sviluppo di materiali per il fotovoltaico emergente

Una promettente alternativa all’uso del silicio. I risultati dello studio, condotto in collaborazione con i colleghi dell’Università di Bari, sono stati pubblicati in una Perspective su Chem. Di cosa si tratta esattamente?

Lo spiega Silvia Colella di Cnr-Nanotec: “Per sopperire al crescente consumo di energia e soddisfare i requisiti dell’accordo di Glasgow 2021, la produzione da fonti rinnovabili dovrà crescere in maniera significativa nei prossimi anni. In questo scenario, lo sfruttamento del Sole quale fonte di energia prima più abbondante avrà un ruolo centrale nella transizione energetica”.

“Sono quindi in corso di sviluppo soluzioni alternative o complementari all’attuale tecnologia al silicio, che siano più efficienti integrabili nell’ambiente urbano”.

L’alternativa al silicio si chiama perovskite di alogenuro metallico

In questo contesto si inserisce il lavoro dei ricercatori, da sempre coinvolti nel settore del fotovoltaico emergente.

“Le perovskiti di alogenuro metallico sono tra i materiali più promettenti e in pochi anni hanno rivoluzionato questo settore, raggiungendo efficienze di conversione della luce solare in energia elettrica maggiori del 25% per dispositivi in scala di laboratorio, superando quelle del silicio policristallino”, prosegue Colella.

“Uno dei principali vantaggi di questi materiali è la possibilità di essere depositati partendo da speciali vernici liquide, che possono essere stampati con tecniche ampiamente diffuse su superfici di vario tipo, ad esempio flessibili e trasparenti”.

Due anni di “scoperte”

La necessità dell’analisi condotta emerge da una serie di scoperte avvenute negli ultimi due anni, tra cui uno studio degli stessi ricercatori pubblicato su Cell Reports Physical Science, che evidenzia l’instabilità chimica nel tempo di tali inchiostri in determinate condizioni.

“Per queste criticità, lo studio pubblicato su Chem rappresenta una tappa fondamentale per l’effettivo superamento delle problematiche relative alla scarsa stabilità di questi materiali offrendo una prospettiva sulle possibili soluzioni da applicare per uno sviluppo industriale della tecnologia”, conclude la ricercatrice Cnr-Nanotec.

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