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Bambù in Maremma, preoccupazioni per ecosistemi e biodiversità

Bambù in Maremma, preoccupazioni per ecosistemi e biodiversità
Foto di PublicDomainPictures da Pixabay

Piantagioni di bambù in Maremma: preoccupazioni per la biodiversità basate su studi internazionali. A dirlo è la Società Botanica Italiana

Bambù in Maremma, esempio di “economia verde” o rischio per la biodiversità? In una lettera inviata al Presidente della Regione Toscana e ripresa da alcuni quotidiani, la Società botanica italiana – l’associazione che riunisce docenti universitari e specialisti di scienze botaniche – ha espresso preoccupazione per la notizia che nella Maremma Grossetana, presso Castiglione della Pescaia, sono iniziati i lavori per convertire un chilometro quadrato di terreni agricoli in una piantagione industriale di bambù gigante. Si tratterebbe per le sue dimensioni di un’operazione mai tentata prima in Italia, presentata alla stampa come un esempio di economia “verde”.

Bambù, le perplessità espresse dalla Società botanica italiana

“Sulla base delle esperienze internazionali, riteniamo l’iniziativa potenzialmente molto pericolosa per la biodiversità” ha scritto l’associazione dei botanici italiani. Infatti, il bambù gigante è una specie di origine cinese, che si espande mediante fusti striscianti sotterranei (rizomi). La sua coltivazione rappresenta un cambio di uso del suolo praticamente irreversibile.

In Giappone e in Sudamerica, dove la coltivazione industriale di questa pianta è stata introdotta da tempo, numerosi studi scientifici hanno documentato una situazione allarmante: quando le coltivazioni vengono abbandonate, la pianta può colonizzare gli ecosistemi circostanti, distruggendone la biodiversità, in quanto forma una rete fittissima di rizomi e fusti tra i quali non possono crescere le piante autoctone, né vivere la fauna selvatica. Gli studi avrebbero anche previsto un aumento della sua invasività ed un’espansione incontrollata col riscaldamento climatico globale.

Il bambù vicino alla Riserva naturale della Diaccia Botrona

La piantagione è vicinissima alla Riserva Naturale della Diaccia Botrona, un’area palustre di eccezionale valore per l’avifauna e la flora. “Il bambù si diffonde soprattutto lungo fossi e corsi d’acqua” dice Federico Selvi, professore ordinario di Botanica Ambientale all’Università di Firenze ed esperto della flora della Maremma, “quindi il sito è particolarmente mal scelto: l’eventuale invasione del bambù potrebbe raggiungere la zona protetta e gli altri ecosistemi circostanti. Sarebbe inoltre essenziale, in un ambiente così pregiato, uno studio preliminare della flora e fauna preesistenti nei terreni da convertire”.

“Le nostre preoccupazioni hanno carattere esclusivamente scientifico. Abbiamo chiesto alla Regione Toscana di effettuare approfondite valutazioni di compatibilità ambientale, con particolare riferimento all’area protetta adiacente, e di richiedere all’azienda un documento di valutazione dei rischi” precisa Alessandro Chiarucci, professore ordinario di Botanica Ambientale all’Università di Bologna e Presidente della Società Botanica Italiana.

Il rischio invasività

I commenti apparsi sui media negli ultimi giorni a difesa dell’iniziativa, argomentando che anche il pomodoro o l’arancio sono specie esotiche, “ignorano un concetto cardine dell’ecologia, ossia che le varie specie hanno diverso grado di invasività” spiega Goffredo Filibeck, docente di Conservazione del Paesaggio Vegetale all’Università della Tuscia: “le piante da frutto sono altamente dipendenti dall’uomo e di solito non sono capaci di invadere gli ecosistemi; invece il bambù è coltivato proprio per la sua eccezionale capacità di crescita, ed è già stata dimostrata in altri Paesi la sua pericolosità per la natura”.

Le piantagioni di bambù sono presentate come un esempio di green economy, a causa della asserita capacità di assorbire CO2. A parte il fatto che è molto difficile valutare questo aspetto (anche a causa del breve ciclo di vita dei prodotti in bambù), va ricordato che la lotta al cambiamento climatico deve servire proprio a garantire la stabilità degli ecosistemi, che sono però in grado di funzionare solo se integri nella loro biodiversità naturale concludono gli esperti. Dibattito aperto, insomma. Aspettiamo volentieri la replica da parte di chi si è occupato del progetto relativo ai bambù per approfondire e ulteriormente chiarire il loro punto di vista sulla delicata questione.

La lettera inviata dalla Società botanica italiana al presidente della Regione Toscana

Mozione-Societa-Botanica-Italiana-onlus-relativa-a-problema-ecologico-bambu

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