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Fuochi nella notte: per curare il gelo delle viti

Fuochi nella notte per curare il gelo delle viti
Foto di David Mark da Pixabay

Il problema delle gelate e del freddo per le viti. Tornano in voga antichi metodi per la soluzione del problema.

I fuochi nella notte sono accesi tra i filari, per non far morire di gelo le viti che stramazzano al suolo. Un problema la cui gravità sta mettendo in ginocchio i viticoltori del Nord-Italia. L’abbassamento notturno delle temperature, gela foglie e germogli. La mattina, poco prima del sorgere del sole, la fase più critica, quella che viene chiamata effetto lente, è il momento in cui la vegetazione in fase di crescita viene irrimediabilmente danneggiata.

I danni per l’ultima ondata di maltempo sono stati stimati in circa 100 milioni di euro. E allora, per cercare una soluzione, i viticoltori hanno preso esempio dagli antichi metodi. Si sono alzati alle 4 di notte e hanno acceso fuochi di paglia tra i filari e falò più grandi agli incroci delle vigne, come si faceva quaranta anni fa, per alzare la temperatura di circa un mezzo grado, quello che serve per salvare i germogli.

In questi giorni la vecchia pratica è stata riutilizzata nei territori dell’Oltrepò pavese, nelle province di Treviso, Udine e Gorizia e nelle zone del Collio e del Prosecco.

Nella sola notte tra il 20 e il 21 aprile, il gelo che ha travolto la zona di Udine ha bruciato tremila ettari di Pinot grigio e di Prosecco, sui Colli Berici circa l’80 percento di Merlot e Cabernet è andato perduto, danneggiato tra il 30 e il 50 percento dei vigneti in Valdobbiadene, nel Pavese bruciati vigneti fino all’80 percento, nel mantovano danni quasi totali all’uva destinata al Lambrusco sino ad arrivare in Emilia Romagna dove sono stati colpiti 450 ettari di vigneti impiantati nel reggiano.

Viti, una cura che riprendere antichi metodi

L’azienda Venica & Venica di Dolegna del Collio, nel tentativo di limitare i danni, ha adottato una soluzione messa in atto recentemente in Francia, nelle zone di Bordeaux e Reims: tutti insieme tra le vigne ad accendere la bellezza di 1.500 bidoncini a base di cera per dare calore ai filari.

In Francia, alle prese con gli stessi problemi, hanno adottato idee originali, prendendole in prestito dagli americani. Nei territori di Husseau e St. Martin le Beaua, a sud-ovest di Parigi, all’alba si sono messi in volo gli elicotteri, alla maniera di Apocalypse Now, e hanno sparato aria calda, un bombardamento di calore, questo si intelligente, destinato a contrastare l’avanzata del generale gelo e sua pericolosità, la brina. E poi non mancano altre soluzioni come irroratori e bruciatori di aria calda.

“Mi sono ricordato di mio nonno – ha sottolineato l’agronomo Urban in un articolo apparso sul quotidiano La Repubblica – Per battere la brina l’unica erano i fuochi. Ho ripreso in mano i manuali dell’università, anche lì si diceva che in questi casi, con le correnti fredde e umide che poi ghiacciano, basta aumentare la temperatura di mezzo grado, e salvi un filare”.

Il gelo non concede sconti

Al contrario della grandine che generalmente prende di mira aree di pochi ettari, il gelo è sempre un fenomeno a largo raggio che non concede sconti a quasi nessuna coltura in fase di crescita, rivelandosi, specialmente con i vigneti di fondovalle, un’autentica calamità biblica.

Raccomandarsi ai santi, pregare per avere un buon raccolto e far benedire sempre i campi e le viti. Rogazioni e antichi rimedi forse sono davvero l’estrema ratio per proteggere la terra e noi stessi dall’impazzimento di un clima che ha confuso aprile, quasi maggio, con il mese di febbraio.

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