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Matteo e il lupo

Matteo e il lupo
Foto Pixabay

“Credere nei sogni, raggiungere gli obiettivi, non gettare la spugna, me lo ha insegnato lui. Questo è successo soprattutto dopo 5 giorni che cercavo di avvistarlo. Ero stanco, scoraggiato e poi ecco, ne appare uno. E tutto cambia: una bella sorpresa che mi ha convinto a continuare”.

Così Matteo Luciani, biologo della conservazione e fotografo, racconta il suo incontro con il lupo, tra i monti della Duchessa, gioiello naturalistico tra Lazio e Abruzzo.

Quando è il lupo a far capire la via

“Ma il lupo mi ha anche insegnato a rinunciare, a riconoscere i miei limiti, a dire “basta”, in un’altra occasione ad esempio, quando dopo 8 giorni di attesa, non si è fatto vedere: era proprio il caso di dirlo. Da questo animale ho inoltre appreso la pazienza e la capacità di adattamento, dormendo dove capitava, nascosto ore e ore anche di notte, mimetizzato nella vegetazione, solo per un contatto, anche fugace”, dice ancora Matteo Luciani.

Da questo suo girovagare, ci sono voluti 3 anni, è nato un libro “Custodi erranti –uomini e lupi a confronto” (Pandion Edizioni). “Un titolo”, spiega Matteo, “che vuole essere un omaggio al lupo, vero custode dei nostri ecosistemi, con tutto il suo incredibile valore ecologico, da cui dipende la sopravvivenza di tante altre specie, animali e vegetali. Soprattutto custode della grande emozione di farci riappropriare dei nostri naturali istinti, addormentati nella vita quotidiana. Non serve per forza vederlo ma è importante percepirne l’esistenza. Magari nelle impronte vicino alle pozze d’acqua, nelle raspate che assieme all’urina lascia sul terreno per marcare il territorio, nelle sue feci, nei resti delle carcasse di qualche animale che è stato il suo pasto. Cercarlo significa allontanarsi dal solito ambiente, con la mente e il cuore, oltre che con il corpo, rendendosi conto di essere parte di un sistema complesso e fragile.

Matteo e il lupo

Matteo, è possibile la coesistenza con il lupo?

Anche se attorno al lupo si sentono brutte storie, tanti vogliono abbatterlo perché lo accusano di attaccare le pecore, la coesistenza è possibile?

Certo. C’è una ricetta per la coesistenza. Gli ingredienti sono divulgazione, sensibilizzazione, comunicazione, no alle manipolazioni. Serve un tavolo di lavoro che metta insieme tutti gli attori coinvolti e interessati, allevatori, cacciatori, ordine scientifico, cittadini, associazioni, istituzioni. Difficile ma si può fare.

Elemento fondamentale è la difesa del bestiame, importanti la presenza del pastore e di recinzioni adeguate, elettrificate e elettrosaldate. Una piccola scossa per un grande risultato: il lupo capisce che lì non è aria, non ci deve ritornare. In questo modo, dicono i numeri, c’è stata una riduzione della predazione fino all’80%. In pratica il lupo va “educato” a restare ben lontano da certi posti. Pure il contributo dei cani da guardia, come i pastori maremmani abruzzesi, è rilevante, sono un disincentivo a non avvicinarsi.

Non è che il lupo cerca le pecore, si avvicina a loro perché, senza difese opportune, è facile, certo molto di più che combattere contro un cinghiale e le sue zanne! La sua “aspirazione”, diciamo così, è quella di ottenere la massima efficienza/efficacia con il minimo dello sforzo. Quindi, tra un cinghiale e un gregge di pecore la sua scelta va sicuramente sulle seconde, fa meno fatica.

Per quanto riguarda i pastori, il cui lavoro è veramente duro, a loro andrebbero riconosciuti aiuti concreti, per realizzare le barriere elettriche o mantenere i cani, ad esempio. Purtroppo in Italia non ci sono regolamenti nazionali, ogni regione, ogni comune si comporta in modo diverso. Anche perché ci sono tante situazioni differenti, cambiano il territorio, l’ambiente, le modalità di allevamento e dunque di approccio con l’animale! Andando in giro per l’Italia a presentare il mio libro ho notato che l’interesse per il lupo c’è, e tanto, soprattutto al Nord. Ma tante volte non si sa come relazionarsi con lui, mancano politiche di intervento specifiche a seconda dei casi.

Il lupo non è né buono né cattivo: è semplicemente se stesso. Ma chi è il lupo? Oltre che per le pecore è pericoloso per l’uomo?

Ci sono due tipi di lupo. Quello culturale, delle favole, che fa paura, un po’ la storia di Cappuccetto Rosso, tanto per intenderci. Poi c’è quello vero, elusivo, “che fa” il lupo, che scappa quando vede l’uomo. E non è pericoloso. Negli ultimi 300 anni almeno non ci sono stati attacchi all’uomo. Il lupo non è né buono né cattivo: è semplicemente se stesso.

Bisogna trattarlo come l’animale che è, non cercare di avvicinarlo, magari buttandogli esche per portarsi a casa una foto in primo piano. Sono contatti che possono creare stress in lui e in tutta la sua famiglia. Prima di tutto ci deve essere il rispetto.

Talvolta al lupo di attribuiscono attività di aggressione che invece sono tipiche dei cosiddetti cani “vaganti”, sembra che in giro ce ne sia qualcosa come 800mila. Sono inselvatichiti, nati in natura o lasciati liberi dai padroni. Sono loro che possono creare più problemi perché si avvicinano di più senza paura all’uomo che comunque conoscono.

Una piena esperienza in armonia con la natura

Che rapporto ha con il lupo?

Il lupo vive in me stesso, mi ricorda chi sono, da dove vengo, mi porta a riconoscere il ritmo delle stagioni, dove il tempo non è quello scandito dall’orologio. Attendere il suo passaggio mi ha dato molto, come certe formidabili variazioni della luce, tu sei fermo ma attorno a te tutto cambia, come i colori, i rumori, gli odori. Vivendo una piena esperienza in armonia con la natura cui appartieni, incappando in sorprese inaspettate. Capita che stai aspettando il lupo, ad esempio, e invece arriva l’aquila reale: che meraviglia. In montagna ho vissuto in una solitudine positiva. Non sei solo ma circondato da un contesto pieno di vita ed energia.

Per conoscere di più Matteo Luciani e acquistare il suo libro: www.matteoluciani.com/custodi-erranti-uomini-e-lupi-a-confronto.html

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