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Musei come leve del cambiamento per una cultura della sostenibilità

Musei come leve del cambiamento per una cultura della sostenibilità
Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Musei, operatori di sostenibilità a favore di una nuova mentalità a favore dell’ambiente. La cultura comincia ad essere letta in maniera diversa e diventa il motore fondamentale per guidare il cambio di paradigma verso un’idea alternativa di sviluppo sostenibile

Dunque, una rilettura formativa dell’Agenda 2030 a favore della transizione ecologica e dello sviluppo sostenibile dove i musei diventano luoghi concreti attraverso cui diffondere in maniera sempre più assidua i valori della sostenibilità.

Musei, dalla crisi della cultura alla digitalizzazione delle collezioni

Il settore dei Beni e delle Attività Culturali è stato tra i più colpiti dalla crisi sanitaria ed economica causata dall’emergenza di Covid-19, infatti, come attesta un’indagine condotta dall’Osservatorio Hybrid Lifestyle, in collaborazione con CRIF, 4 italiani su 10 hanno smesso di frequentare i luoghi della cultura e dell’intrattenimento dall’inizio della pandemia.

Al medesimo tempo, però, è stata registrata un’accelerazione nella digitalizzazione delle collezioni, fenomeno che ha incentivato la nascita di archivi fruibili, efficienti e interattivi, trasformando i musei in soggetti attivi all’interno delle proprie comunità, adibiti a far discutere, analizzare e comprendere i problemi odierni così da cercare soluzioni efficaci per il futuro.

“Verso una cultura della sostenibilità: i musei come leve del cambiamento”

È proprio attorno a questo nuovo impegno dei musei, visti sempre più come leve di cambiamento e valore trasformativo verso la cultura della sostenibilità, che si è focalizzato l’intervento di David Tombolato, curatore e comunicatore scientifico presso il MUSE di Trento, alla 24ORE Business School. L’Open Lesson “Verso una cultura della sostenibilità: i musei come leve del cambiamento” è stata utile a comprendere gli obiettivi che l’Italia si è prefissata dagli anni Settanta ad oggi riguardo la transizione ecologica, analizzandone le tappe di percorso e, a capire come è nata l’Agenda 2030 secondo una lettura formativa sullo sviluppo sostenibile.

Nel corso degli anni si è passati, sempre più, da una visione bivalente che teneva in considerazione esclusivamente il rapporto tra uomo e ambiente a una sorta di triangolazione, la quale, invece, fa riferimento sia alla realtà sociale, ambientale che economica. Questo cambio di prospettiva ha permesso di mettere in evidenza problematiche come la disuguaglianza nel mondo, lo spreco di risorse e il declino della biodiversità.

“La pandemia ha lasciato un segno indelebile per la consapevolezza della vulnerabilità del nostro modello di sviluppo, per la ‘scoperta’ del legame tra le condizioni dell’ambiente e quelle della nostra società ha sintetizzato David Tombolato, curatore e comunicatore scientifico presso il MUSE di Trentoora, la massima priorità dovrebbe essere la costruzione non solo della resilienza, ma della rigenerazione di tutti i sistemi globali: ecco perché crediamo che il concetto dell’interconnessione sia l’obiettivo primario da trasmettere in una mostra sulla sostenibilità nell’era post-Covid.

Raccontare come la parola sostenibilità sia mutata nel corso degli anni, attraverso oggetti, video e interviste per riflettere su questioni urgenti come il cambiamento climatico, la sovrappopolazione e il declino della biodiversità in un’ottica ambientale, ma anche etica e politica. A tal proposito, lo scorso 8 febbraio l’Aula della Camera ha definitivamente approvato la tutela dell’Ambiente che è entrata ufficialmente in Costituzione”.

L’arte come specchio delle evoluzioni (o involuzioni) della società

L’arte è sempre stata una disciplina che ha seguito e/o anticipato l’evoluzione e i cambiamenti che hanno contraddistinto le diverse epoche. A partire dagli anni Settanta ha avuto inizio una critica nei confronti della società consumistica, il cui confronto dialettico con le lacerazioni e le contraddizioni della contemporaneità ha portato i musei a porsi al servizio della società per il suo sviluppo sostenibile. Per far sì che ciò avvenga, è importante investire sulla digitalizzazione, sulle competenze, sull’innovazione e sulla ricerca affinché i musei diventino per chi ne usufruisce un interessante contesto di esperienza e di autoformazione, uno spazio che apre le porte al territorio in maniera inclusiva e democratizzante.

Le istituzioni museali stanno ridefinendo le proprie mission in ottica Agenda 2030 e assumendo sempre più il ruolo di soggetti abilitanti per la crescita culturale, sociale, economica e partecipativa delle città per affrontare le sfide e le scelte connesse alla transizione ecologica. Il paradigma della “sostenibilità” offre la possibilità di porre l’attenzione sul museo come luogo d’incontro, spazio di contaminazione di culture e di visioni molteplici del mondo, custode di un patrimonio e artefice della ripresa economica per l’Italia.

Su questa lunghezza d’onda si sta muovendo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che punta a concretizzare (resta da vedere in che modo) la transizione digitale e quella ecologica. Infatti, il PNRR vede il mondo della cultura come volano per il rilancio del Paese post-Covid con fondi previsti che ammontano a oltre 6 miliardi.

In questa nuova prospettiva delle cultura che vede sempre di più la sostenibilità come propellente ideale per l’inclusione e per lo sviluppo, lo stesso Museo delle Scienze di Trento, MUSE, ad ottobre 2021, ha inaugurato le proprie gallerie permanenti adottando una nuova chiave di lettura che ruota attorno a temi come ambiente, perdita della biodiversità, cambiamento climatico ed esplosione demografica. L’obiettivo di questa trasformazione è di strutturare un dialogo tra generazioni pensando al futuro per mobilitare governi, aziende e cittadini e fissare una timeline precisa.

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