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Riduzione plastica negli oceani, in aiuto un fungo marino mangia-plastica

Riduzione plastica negli oceani, in aiuto un fungo marino mangia-plastica
Foto @Depositphotos_256606126_S

Il processo di degradazione e riduzione della plastica negli oceani prodotti dal fungo può avvenire soltanto in presenza di luce solare.

Attualmente nei vortici subtropicali, come quello del Pacifico settentrionale si accumula molta plastica galleggiante, come quello del Pacifico settentrionale, dove sarebbero presenti oltre 80 milioni di chilogrammi di plastica.

Il rischio è che, con una produzione umana di plastica pari a 400 miliardi di chilogrammi all’anno, questa immensa quantità di rifiuti, presente anche in altre parti del mondo, continui a ingrandirsi.

Dunque è prioritario trovare modi per smaltire la plastica in mare.

Oggi dunque nella Giornata mondiale degli Oceani arriva una buona notizia. Sembra che possa essere l’oceano stesso a contribuire alla riduzione della plastica negli oceani. Ad affermarlo sono i microbiologi del Royal Netherlands Institute for Sea Research (NIOZ) che con una ricerca hanno scoperto che il fungo Parengyodontium album, presente nell’ambiente oceanico, è in grado di degradare il polietilene rimasto esposto ai raggi Uv del Sole.

I ricercatori tramite lo studio condotto in collaborazione con l’Università di Utrecht, la Ocean Cleanup Foundation e altri partner internazionali, hanno isolato il fungo dai rifiuti plastici raccolti nel Pacifico settentrionale.

Prelevando campioni di rifiuti di plastica dall’isola del vortice subtropicale del Pacifico settentrionale, i ricercatori del Nioz e i loro collaboratori hanno così isolato in laboratorio per cercare di capire se per caso fosse in grado di degradare proprio la plastica.

Parengyodontium album è stato quindi coltivato in laboratorio su polietilene formato da particolari atomi di carbonio “etichettato”, grazie a un processo che permette la rilevazione della sua posizione (carbon isotopic labeling). In questo modo i ricercatori hanno così scoperto che in effetti P.album degrada il polietilene.

Sono anche riusciti a quantificare il processo di degradazione e hanno dimostrato che il fungo non utilizza per i propri processi biologici molto del carbonio che ottiene degradando la plastica, ma la maggior parte la espelle sotto forma di anidride carbonica.

Una scoperta questa del fungo mangia-plastica che può rappresentare un progresso significativo. Infatti fino ad oggi si conoscevano solo quattro specie di funghi marini capaci di degradare la plastica.

Fungo mangia-plastica, serve il Sole

Esiste però un problema. Il Parengyodontium album non riesce nella degradazione del polietilene in assenza di luce solare. In queste condizioni il fungo può scomporre il polimero in collaborazione con i raggi UV o che è stato esposto per ai raggi UV per un breve tempo.

Questo vuol dire che l’azione del fungo è limitata alle plastiche che galleggiano vicino alla superficie dell’acqua.

Nonostante la scoperta del Parengyodontium album rappresenti una speranza per la gestione dei rifiuti in plastica, restano molte incognite per riuscire ad eliminare tutta quella che si trova negli strati più profondi dell’oceano.

Gli scienziati che hanno condotto lo studio sostengono però che natura potrebbe tendere una mano. Potrebbero esistere molti altri microrganismi ancora sconosciuti nelle profondità marine che sono in grado di dare un contributo.

Photo Credit: Depositphotos.

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