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Combimais: un futuro alla coltivazione del mais

Combimais: un futuro alla coltivazione del mais

Combimais, ovvero come salvare la coltivazione del mais, a partire dal nostro paese. Infatti, nel giro di 20 anni la produzione di questo cereale in Italia è molto diminuita. Più o meno fino al 2mila bastava a soddisfare il 100% delle esigenze, oggi solo per il 50%

Per cui importiamo la metà del mais che ci serve da varie parti del mondo, Usa o Europa. Pensare che è un prodotto altamente strategico, coltura chiave per le grandi filiere alimentari, zootecniche, energetiche.

Perché questa crisi del mais? Varie le ragioni: il prezzo sul mercato che non è più remunerativo per gli agricoltori e i cambiamenti climatici che hanno portato grosse difficoltà nella coltivazione, soprattutto nella Pianura Padana.

Difficile “rimediare” a questi due elementi. Vanno allora individuate soluzioni alternative, come il Combimais, appunto, un progetto nato nel 2013 e presentato nella grande vetrina dell’Expo di Milano del 2015.

A pensarlo, un agricoltore specializzato nel settore cerealicolo di cui si occupa nella sua Azienda Agricola Folli nel milanese, nonché presidente della Innovagri, associazione impegnata nella ricerca, studio e approfondimento di tutti gli aspetti innovativi nel settore agroalimentare. È Mario Vigo, che ha reso reale l’idea in sinergia con diverse aziende, mettendo insieme competenze e professionalità diverse, con grande attenzione all’uso della terra e dell’acqua. Il risultato? Un prodotto innovativo, di ottima qualità, ottenuto da un’agricoltura che sia sostenibile anche dal punto di vista economico e ambientale.

Combimais è ancora un “progetto” o può essere considerato una coltivazione “di fatto”?

“Un po’ tutte e due le cose”, risponde Mario Vigo che aggiunge: “Nato come progetto ha visto la partecipazione di tante società partner, unite per creare una filiera completa. Chi fornisce il seme, chi i concimi, chi le difese, i trattori, chi gli attrezzi per lavorare il terreno, chi gli strumenti digitali o per irrigare.

Si tratta di un programma che si rinnova: ogni anno le diverse aziende hanno novità e le mettono in gioco in questo progetto che è un laboratorio di ricerca e innovazione. Ad esempio, se una delle aziende ha messo a punto un trattore innovativo che emette meno CO₂ ed è meno impattante sull’ambiente, ecco che rientra perfettamente nella filiera. E questo succede sull’attrezzistica e sul digitale o su qualsiasi altro segmento.

Dunque, il Combimais 6.0, come lo chiamiamo per il 2019, rimane un progetto perché presenta continue innovazioni tecniche, meccaniche, digitali ma è anche una coltivazione di fatto perché noi lo coltiviamo in azienda, 100 ettari a Robbiano di Mediglia, 14 km da piazza del Duomo di Milano”.

Quanto terreno è coltivato e con quali risultati?

“Abbiamo iniziato con 10 ettari e siamo arrivati agli attuali 30. Nell’ultimo anno abbiamo prodotto 16 tonnellate per ettaro, prima attorno alle 15. Nel metodo tradizionale si arriva a 13 tonnellate per ettaro. Si coltiva anche in altre aziende lombarde. L’importante è che venga rispettato un preciso protocollo per avere un prodotto di qualità e sano, perché con Combimais si risparmiano il suolo e l’acqua.

Nel nostro sistema di irrigazione si consuma il 30% in meno di acqua rispetto al tradizionale procedimento. Con l’acqua diamo anche nutrimento direttamente alle radici, non spargendolo a caso in tutto il terreno, ma in modo mirato, riducendone l’uso fino al 20/25%, mantenendo le falde pulite.

Dunque si risparmiano acqua, elementi nutritivi, si fa meno uso di macchine, meno gasolio, meno C0₂. E anche minor spreco di terreno, anche perché lasciamo ai bordi dei campi una zona in cui mescoliamo erba per favorire l’aumento del numero degli impollinatori, mammiferi, uccelli, incrementando la biodiversità. Abbiamo pure 7 arnie per le api. Un valore aggiungo per l’ambiente”.

Come si declina il sistema Combimais?

“La gestione del suolo e dell’uso di acqua avviene attraverso la precision farming, l’agricoltura  di precisione. Ad esempio, il sistema di irrigazione è governato con le app sullo smartphone, così abbiamo sempre l’informazione di quanta acqua è necessaria in un certo punto e in un determinato momento, addirittura quanti millimetri ne servono, miscelandola con l’acqua piovana. Ci servono pochi attrezzi per muovere il terreno e mantenerlo intatto, con computer sui nostri trattori che ne mappano i bisogni della fertilità nel terreno, evidenziando la necessità di maggior o minore quantità nelle diverse zone. Siamo collegati a un sistema di rivelazione satellitare messo a punto daun’azienda giapponese. Il futuro è un trattore coguidato, in parte dall’uomo su strada in parte da solo sul campo”.

Quali prodotti usate per nutrire il terreno?

“Sono a base di potassio, fosforo, soprattutto azoto di cui il mais è particolarmente ghiotto e vengono forniti appunto con l’impianto di irrigazione. Collaboriamo con Cifo dando un prodotto rinforzante per rendere il mais più resistente davanti alle avversità atmosferiche e uno a effetto starter nella fase della crescita. Diamo anche un trattamento antifungino per evitare che la pianta sia attaccata da funghi che possono creare microtossicità e dare un prodotto finale non ottimale. Bisogna capire il momento giusto (e qui serve una precisa professionalità, non ci si inventa agricoltori, ndr).

Quando si semina il mais?

“Da marzo ad aprile, di solito, ma dipende molto dai cambiamenti climatici. Si semina sopra i 10 gradi; di meno, fino a 1 grado, il seme sta “fermo”, mentre sotto lo 0 può non sopravvivere. In genere il mais vuole una temperatura esterna di giorno tra 15 e 16°C e notturna di 7/8, diciamo una media di 12. Si tratta di un prodotto che soffre molto lo stress climatico: il mais milanese è molto stressato. Dà buone risposte in climi temperati, dove invece le condizioni si esasperano non sopravvive. In Ungheria ad esempio ora è nevicato, significa che il terreno rimane a riposo ed è maggiormente pronto a una buona produzione di mais. Da noi invece da mesi non piove e c’è lo smog, siamo maggiormente sottoposti alle variazioni del clima. Quindi dobbiamo continuamente controllare e verificare la situazione, ed essere pronti a qualsiasi evenienza. Lo scorso anno abbiamo seminato il 23 aprile. Per la raccolta, è buono il mese di settembre”.

E quando tutto è pronto, si va al mulino per macinare il mais e ottenere la farina per polenta, commercializzata col marchio Società Agenzia Folli e distribuito da Il Viaggiator Goloso.

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