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Lego, la svolta sostenibile

Lego, svolta bio
Lego, svolta bio

I bambini possono stare tranquilli. Tutti gli appassionati dello storico mattoncino Lego che sin dal 1958 sono stati capaci di dare sfogo alla propria fantasia tramite l’assemblaggio degli intramontabili pezzettini di plastica non dovranno rinunciare al divertimento. Sarà solo, forse, un divertimento più ecosostenibile

Entro il 2030, infatti, l’azienda danese produrrà i coloratissimi mattoncini in bioplastica, la forma rimarrà quella di sempre. Stando a quanto riportato dal quotidiano belga Morgen, si tratta di una misura con cui la Lego vorrebbe ricrearsi l’immagine e far dimenticare la “chiacchierata” partnership con la Shell, su cui Greenpeace ha dato più battaglia che Zukov a Stalingrado.

D’altro canto, i dati riguardo a Lego parlano chiaro: un milione di tonnellate di anidride carbonica prodotta all’anno (Corriere della Sera). Dal 2014, però, il gruppo danese, che realizza ben 90 mila tonnellate di mattoncini ogni anno (cento milioni di pezzi al giorno al giorno),ha ridotto gli imballaggi del 14 %, investendo 400 milioni di euro in progetti per la produzione di energia eolica nel Mare del Nord (Italia Oggi).

Con la realizzazione del mattoncino ecosostenibile su tutta la produzione entro il 2030, che comunque avrebbe un costo maggiore ovviamente rispetto a quello tradizionale, dura lex sed lex, la Lego arriverebbead una svolta green davvero di effetto considerevole.

Eppure la bella sfida sembra essere più complicata del previsto. Tanto è vero che Henrik Ostergaard Nielsen, coordinatore della produzione alla fabbrica di Billung, ha detto al New York Times che “dobbiamo imparare a farli di nuovo”. Il gruppo danese ha investito circa 134 milioni di euro e assunto diverse persone, fondi e studiosi destinati a ricercare un materiale sostitutivo della plastica.

Occhio però che il materiale non deve essere solo bio. Deve resistere al calore di paesi come l’Arabia Saudita, agli urti di chi, quante volte ci è capitato, ci mette un piede sopra e, non ultimo, deve essere anche un elemento capace di mantenere intatte le belle colorazioni che per generazioni hanno significato allegria, giochi pomeridiani in un paradiso chiamato “la tua stanza” e divertimento in compagnia quando cellulari e social erano nel mondo misterioso delle menti della Silicon Valley.

I test effettuati hanno riguardato 200 alternative ma dove andavano bene per una cosa, difettavano per un’altra. Ad esempio le parti flessibili. Ora la speranza sembra arrivare dalla plastica vegetale, una plastica morbida ottenuta dalla lavorazione della canna da zucchero. I primi set di bloccheti in polietilene bio sono stati distribuiti ad agosto tra Austria, Regno Unito e Germania. Tra poco arriveranno anche negli Stati Uniti e in Canada.

Il gruppo, continuando a voler ribadire la scelta di una nuova immagine “green”, ha aderito, assieme ad altre importanti aziende, a Re100, la campagna per raggiungere il 100% di energie rinnovabili. Ha, inoltre, collaborato con il Wwf per sostenere la domanda di mercato per la bioplastica e preso parte all’iniziativa chiamata Bioplastic Feedstock Alliance, nata per garantire l’approvvigionamento sostenibile della materia prima – la canna da zucchero – per l’industria delle plastiche vegetali.

FOTO: Pixabay

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